Campobello 2019: una nuova raccolta di olive all’insegna dello sfruttamento

“Cosa devo dirti, ci vediamo ogni anno, ma è sempre peggio, e poi quest’anno non ci sono olive e quindi lavorare è sempre più complicato. Non ho proprio nulla da dirti, mi dispiace, fatti un giro e dimmi cosa c’è di buono in questo inferno”.

L’accampamento nell’ex cementificio, tra Campobello e Castelvetrano – Foto di Alberto Biondo

Lo sfogo di Moussa è comprensibile, visto che lui a Campobello ci vive ormai in modo stabile, e conosce bene le dinamiche: “Voi continuate a fare, come li chiamate, tavoli tecnici, ma noi siamo sempre più schiavi, veniamo presi in giro per un contratto, siamo i neri buoni solo per raccogliere le olive e poi non esistiamo più, chiusi in questo cementificio, nascosti agli occhi delle persone, ma cosa cazzo fate in questi tavoli?”.

Moussa è costretto ad essere sfruttato nonostante sia titolare di un permesso di soggiorno, e deve risparmiare ogni singolo euro che guadagna perché i soldi dovranno bastare per quando non ci sarà lavoro: “Con i contratti finti che mi fanno non potrò avere il diritto di chiedere la disoccupazione”.

 

Una questione cronica

Sono anni che denunciamo la situazione di Campobello, e quest’anno le istituzioni hanno escluso le associazioni dai tavoli tecnici, che comunque, come ci ricorda Moussa, non hanno portato a nulla.

Questa constatazione dovrebbe fare aprire una riflessione anche sulle azioni delle realtà associative che come rete hanno miseramente fallito a Campobello, facendo porre la questione su come agire in queste situazioni in modo realmente efficace.

La prefettura di Trapani, con il supporto di sindacati e ufficio del lavoro, ha messo in atto un piano che costringe all’invisibilità un migliaio di persone circa, che come ogni anno, si ritrova a Campobello per raccogliere olive pregiate. È una situazione che va avanti da 25 anni, sebbene i numeri siano aumentati negli ultimi anni. Le istituzioni utilizzano toni trionfalistici per raccontare i risultati ottenuti, presentando come soluzione l’allestimento di un campo per 240 persone – titolari di permessi di soggiorno – presso l’ex oleificio di Fontane d’oro, in cui la Croce Rossa ha adibito tende da campo e docce. Quest’anno, al contrario dello scorso, non c’è il servizio di catering e non si paga l’ingresso, ma solo perché lo scorso anno è stato un tale flop il pagamento giornaliero per accedere al campo, che non si sono riusciti neanche a raccogliere i fondi che erano stati promessi alla Croce Rossa.

Le istituzioni inoltre vantano come un successo la soluzione del pernottamento dei lavoratori all’interno delle aziende agricole in cui lavorano. Il problema è che non essendoci alcun tipo di controllo, molte persone vengono sistemate in condizioni pessime e senza alcun tipo di servizio (bagni, docce, ecc.) finendo a vivere  nei campi o ad alloggiare in casolari abbandonati.

Inoltre quest’anno opera un’agenzia di servizi (agenzia Varvaro), che cerca direttamente la manodopera per le aziende andando in giro per Campobello e dintorni, ed occupandosi del disbrigo pratiche. L’agenzia ha anche attivato e ristrutturato una vecchia struttura mettendo letti e doccia a disposizione, dietro un pagamento giornaliero.

Tutto ciò in teoria avrebbe dovuto svuotare l’ex cementificio, luogo fantasma che in questo periodo vede presenti circa 600 persone, soprattutto di origine senegalese, regolari e non, anziani e giovani, che arrivano da tutte le parti d’Italia per lavorare.

 

La realtà nascosta dietro le dichiarazioni delle istituzioni

Le dichiarazioni trionfalistiche delle amministrazioni di Campobello e Castelvetrano, vengono quindi smentite dai fatti. Avevano infatti dichiarato che dovevano sgomberare il sito di Erbe Bianche, perché di interesse archeologico. In realtà ancora oggi Erbe Bianche è una discarica nonostante siano stati spesi  ben 62 mila euro, soldi che invece potevano essere utilizzati per smaltire tutto l’amianto presente tra Erbe bianche e l’ex cementificio.

Baracche nell’ex cementificio – Foto di Alberto Biondo

E che la situazione sia peggiorata lo vediamo anche dal fatto che alcune persone presenti nell’insediamento dell’ex cementificio hanno delle resistenze a farci fare delle fotografie e sono restie a rispondere alle nostre domande. Solo i nuovi arrivati, che non ci conoscono, rispondono. Dentro il cementificio ci sono circa dieci ragazze che vengono costrette a prostituirsi. “Se vuoi ci vai altrimenti stai nella tua baracca, ci fanno sentire meglio dopo una giornata di lavoro”, ci raccontano alcuni ragazzi. Ragazze giovani per lo più nigeriane ma anche senegalesi rese schiave dalla rete che da Palermo e Trapani si sposta nelle campagne e che all’ex cementificio ha trovato il posto perfetto per fare affari d’oro.

 

Business sulla pelle dei lavoratori

Affari che alcuni hanno deciso di fare venendo da Rosarno, Foggia e Roma, soprattutto per mettere tariffe che a Campobello non ci sono mai state: 1 bidone di acqua costa 1 euro, una baracca va dai 150 ai 300 euro se non di più, a seconda della grandezza e del “comfort”, bagni e doccia un euro. Il passaggio per andare sul luogo della raccolta è di 5 euro al giorno – mentre prima era un contributo fra le persone che dividevano la benzina – con siciliani e tunisini che fanno da tassisti.

Per la prima volta sono arrivati a Campobello alcuni neomaggiorenni da Livorno, Bolzano e Reggio Emilia a cui avevano promesso vitto, alloggio e un contratto di lavoro, e che invece si sono ritrovati a vivere in una baraccopoli e a dover rioccupare la casa in cui è morto Ousmane, che continua a morire ucciso dall’immobilismo della situazione.

Insieme a loro ci sono coetanei che vivono in Sicilia da tanto tempo, giovani di seconda e terza generazione che per sostenere l’economia familiare hanno provato a fare la raccolta delle olive, invitati da amici che da tempo la fanno e che si sono trovati spaesati in questo campo.

Ma è la sera il momento in cui nell’ex cementificio si nota di più la sconfitta dell’umanità, quando arrivano i lavoratori dalla campagna, sporchi, sudati e sfiniti, quando c’è la gara per un secchio d’acqua calda, quando la puzza della fogna a cielo aperto si fa più forte, quando l’odore della carne alla brace si confonde con altri odori. È il momento in cui arrivano anche i lavoratori che dormono a Fontane d’oro perché lì non hanno la cucina ed è vietato mettere anche un fornello, altrimenti la polizia che controlla costantemente lo sequestra. Così l’ex cementificio si popola delle mille persone circa che raccolgono le olive in questo momento e dove tra mangiare, bere e fuochi per riscaldarsi, trovano anche donne vittime di tratta da utilizzare per i propri sfoghi.

Mille persone sono troppe per le poche olive che ci sono quest’anno e molti resteranno senza lavoro, molti si indebiteranno per pagare i viaggi di andata e ritorno, molti dovranno chiedere aiuto ai capi neri, per poter continuare a raggiungere altri luoghi di schiavitù in giro per l’Italia nell’impunità totale e nell’indifferenza totale, e con l’ipocrita retorica che anche quest’anno il problema lo abbiamo risolto grazie ad un tavolo tecnico in prefettura.

 

Un modello fallimentare

Fino a soli tre anni fa, con il campo gestito dalle associazioni, con i volontari di Libera in testa, tutta questa economia sommersa non era presente. Alcune dinamiche erano pur sempre dinamiche economiche, ma erano di sostegno e c’era una divisione di ruoli all’interno del campo, più solidale. Invece adesso c’è una sorta di controllo che si percepisce e certi meccanismi di speculazione sono ancora più accentuati. È chiaro che, come associazioni, abbiamo perso le sfide che ci proponevamo, ed è chiaro che il modello scelto dalla prefettura e dai comuni di Campobello e Castelvetrano sia fallimentare a livello umano e sul piano dei diritti. Un disastro che viene portato avanti con la compiacenza dei sindacati e con l’ufficio del lavoro alla finestra. Un fallimento in cui pagano le conseguenze, come sempre, i lavoratori, bianchi e neri.

Perché non si adottano misure contro il lavoro sommerso in questo territorio e in particolare modo per la raccolta delle olive?

Perché si vuole mantenere il silenzio e lo status quo a Campobello?

Troppi interessi in un territorio dove l’impronta della mafia di Matteo Messina Denaro è ancora forte e dove la risposta dello stato dovrebbe essere altrettanto forte, mentre invece i diritti vengono sistematicamente calpestati e si agevola chi vuole sfruttare.

Tante, troppe domande a cui in molti non vogliono dare risposta. Quello che si vuole è far passare anche quest’anno i prossimi due mesi per arrivare impuniti a dicembre e poi come per magia denunciare le condizioni di questi luoghi infernali e far partire gli sgomberi proprio in concomitanza con la fine della raccolta.

Nessun pensiero alla morte lenta che migliaia di braccianti stanno soffrendo nelle nostre campagne perché costretti a vivere per anni e anni in condizioni nocive e insalubri, di sfruttamento, in un totale di abbandono sociale, mentre ogni giorno veniamo bombardati dalle bugie e dalle retoriche sui migranti.

 

Alberto Biondo

Borderline Sicilia