Un nuovo rapporto denuncia le brutalità all’ordine del giorno sui migranti in Libia da parte di milizie locali, trafficanti e bande criminali. Appello urgente per la revoca dell’accordo tra Italia e Libia e per un cambio di rotta della politica UE per il controllo dei flussi migratori.

È quanto denunciano di subire in Libia migranti e rifugiati secondo il nuovo rapporto “L’inferno al di là del mare”, diffuso oggi da Oxfam, Borderline Sicilia, MEDU (Medici per i Diritti Umani) in occasione del vertice dei Ministri degli Interni europei di  Tallinn e  della conferenza “Solidarietà e Sicurezza” convocata per oggi a Roma dal Ministero degli Esteri, assieme all’Alto Commissario per la Politica estera Ue Federica Mogherini e ai Ministri degli Esteri dei Paesi africani di transito dei flussi migratori. Due appuntamenti che avranno, entrambi tra gli obiettivi principali la “chiusura” della frontiera sud della Libia e il rafforzamento della cooperazione europea con il paese nord-africano.

Sullo “sfondo”, però, ci sono centinaia di persone – arrivate in Sicilia negli ultimi 12 mesi –  che raccontano di essere state picchiate, abusate, vendute e arrestate illegalmente dalle milizie locali, dai trafficanti di esseri umani e dalle bande armate che “controllano” gran parte del territorio libico. Uomini, donne e bambini fuggiti da guerra, persecuzioni e povertà nei paesi di origine, arrivate con attese e speranze di una vita migliore in quella Libia divenuta la porta d’Europa, per poi scoprire di essere finite in un vero e proprio inferno.

 “NON TI SENTI PIÙ UN ESSERE UMANO”: LE TESTIMONIANZE DEGLI ABUSI SUBITI IN LIBIA

Con questa frase si potrebbe riassumere gran parte delle testimonianze raccolte. Una fotografia in cui l’84% delle persone intervistate ha dichiarato di avere subito trattamenti inumani tra cui violenze brutali e tortura, il 74% ha dichiarato di aver assistito all’omicidio o alla tortura di un compagno di viaggio, l’80% di aver subito la privazione di acqua e cibo e il 70% di essere stato imprigionato in luoghi di detenzione ufficiali o non ufficiali. 

“Sono stato arrestato da una banda armata mentre stavo camminando per la strada a Tripoli – racconta H.R, 30 anni dal Maroccomi hanno portato in una prigione sotterranea e mi hanno detto di chiedere il riscatto alla mia famiglia (…) Mi hanno picchiato e ferito diverse volte con un coltello. (…) Un muscolo nel mio braccio sinistro è stato completamente lacerato (…) Stavo per morire a causa delle botte (…) Violentavano regolarmente gli uomini. Per spaventarci, in varie stanze amplificavano le urla per le violenze a cui gli altri detenuti erano sottoposti”.

“(…) C’erano circa 300 persone nella prigione (…). Mi hanno fatto fare qualsiasi tipo di lavoro (…). Ci davano da mangiare raramente. Mi picchiavano, a volte mi hanno torturato (…)” – aggiunge C.B., 28 anni, arrivato in Libia dal Gambia.

“(…) Ho lasciato il mio paese e ho raggiunto mio fratello in Libia. – ricorda K.M. , 27 anni, originaria della Costa d’Avorio, intervistata al CARA di MineoUn giorno un gruppo di soldati è entrato nella nostra casa. (…) Mi hanno picchiata e sono stata violentata davanti a mio fratello e mia figlia. Mio fratello ha cercato di difendermi ed è stato picchiato selvaggiamente (…).”

“Si tratta di testimonianze talmente atroci da essere al limite della nostra comprensione.afferma la direttrice delle campagne di Oxfam Italia, Elisa Bacciotti Racconti di migranti che stiamo aiutando da un anno con il progetto OpenEurope in gran parte della Sicilia, che ci restituiscono uno spaccato inaccettabile di ciò che accade dall’altra parte del Mediterraneo. Di fronte a questa situazione c’è da chiedersi – conclude Bacciotti – dove stia finendo il senso di umanità dell’Europa e di molti Stati Membri, che nella migliore delle ipotesi, sembrano disposti ad offrire nel vertice di Tallinn all’Italia e ai paesi africani un aiuto rivolto esclusivamente al controllo delle frontiere, e non alla protezione dei diritti umani”.


 

GLI EFFETTI DELLA “CHIUSURA” DELLA ROTTA CENTRALE DEL MEDITERRANEO

Di fronte alla palese violazione dei diritti umani dei migranti in Libia, desta particolare preoccupazione quindi l’obiettivo di Italia e UE di rafforzare il controllo dei flussi migratori non solo da Italia a Libia  ma anche con finanziamenti a paesi di transito come Niger, Mali, Etiopia, Sudan e Ciad, dietro una loro maggiore collaborazione nel controllo delle frontiere e nelle procedure di rimpatrio e espulsione, ma senza chiedere loro di rispettare standard nella tutela dei diritti umani dei migranti. Queste misure sembrano tracciare un disegno volto alla chiusura della rotta centrale del Mediterraneo, senza però che vengano predisposti meccanismi di ingresso regolari e sicuri verso l’Italia e l’Europa. Il rischio è quindi quello di creare così “nuovi inferni” per le persone in fuga da conflitti, abusi, violenze, fame e povertà.

“Uno scenario in cui la vita di centinaia di migliaia di migranti sarebbe ancor più alla mercé delle reti di trafficanti di esseri umani che non operano solo attraverso il Mediterraneo, ma direttamente in Libia e nel continente africano. Facendo aumentare il numero dei morti in mare, che nel 2016 sono stati quasi 6000 e sono 1985 dall’inizio dell’anno” , aggiunge Bacciotti.  Uno scenario inaccettabile a cui va ad aggiungersi l’effetto dei primi rimpatri in Libia.

“L’accordo stipulato dall’Italia con il cosiddetto Governo di Unità Nazionale libico di Al Sarraj qualora riuscisse a diventare pienamente operativo, manterrebbe o riporterebbe le persone indietro, in un paese dove regna il caos, con abusi sistematici dei diritti di chi scappa da guerra e povertà e dove i centri per i migranti sono dei veri e propri lager, continua Bacciotti.

“Già nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condannava l’Italia per avere effettuato respingimenti collettivi in mare verso la Libia, in forza dell’accordo bilaterale stipulato nel 2008 sotto il regime del colonnello Gheddafi, per violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dall’art. 3 della C.E.D.U..dichiara Germana Graceffo di Borderline SiciliaOggi la Corte Penale Internazionale dell’Aja indaga la Libia per crimini contro l’umanità. È inaccettabile che il governo italiano con questo tipo di accordi si renda complice in questi crimini, di cui prima o poi sarà tenuta a rispondere”.

Peraltro, tali accordi oltre a essere preoccupanti sul piano dei diritti umani sono lungi dall’essere efficaci: nonostante l’addestramento della guardia costiera libica da parte della missione Eunavformed e la consegna di motovedette da parte dell’Italia, ad oggi, gli arrivi via mare dalla Libia sono aumentati del 13% rispetto all’anno scorso.

L’APPELLO ALL’ITALIA E ALL’EUROPA PER UN RADICALE CAMBIO DI ROTTA

Di fronte al contesto di un Paese estremamente fragile in cui – secondo le stime delle Nazioni Unite – 1,3 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria, Oxfam, Borderline Sicilia e MEDU lanciano perciò un appello urgente per un radicale cambio di rotta nella politica europea e italiana nella gestione dei flussi migratori diretto prioritariamente: 

– a una immediata revoca dell’accordo tra Italia e Libia;

– a una revisione degli accordi con i paesi di transito (cosiddetti compacts) finalizzata solo a favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi poveri e il rispetto dei diritti umani dei migranti, senza mirare al controllo delle frontiere;

– a impedire agli Stati membri di stipulare accordi con i paesi di emigrazione o transito il cui governo e le forze di sicurezza non garantiscano il pieno rispetto dei diritti umani;

– all’attivazione dell’Italia per un intervento di identificazione precoce, assistenza e riabilitazione dei richiedenti asilo vittime di torture, come previsto dalla normativa europea;

– al potenziamento di canali di immigrazione, sicuri e regolari verso l’Europa, facilitando i processi di ricongiungimento familiare e garantendo la possibilità di richiedere asilo nei paesi europei di arrivo;

– a consentire rimpatri dei migranti dagli Stati UE nei paesi di origine, solo attraverso procedure fondate sul rispetto dei diritti umani, e mai a condizioni che li possano mettere in pericolo.

 

 

La versione integrale del rapporto “L’inferno, al di là del mare” è disponibile a questo link.