Continuano gli arrivi a Lampedusa. La testimonianza dei superstiti del naufragio dell’11 ottobre scorso: “i Libici ci hanno sparato”

Lampedusa continua a ricevere migranti,
provenienti principalmente dalla Siria e dal Corno d’Africa ma anche da alcuni
paesi dell’Africa occidentale, tra cui in particolare il Ghana. L’altra notte,
al molo Favaloro sono giunti, trasportati dalle motovedette della Guardia
Costiera, 14 migranti di origine somala ed eritrea che si trovavano sul fondo
di un barcone che imbarcava acqua a largo della Libia. Alcuni Somali giunti a
Lampedusa raccontano che tutti i migranti in fuga sono stati trasbordati dal
barcone in un nave non identificata, con personale libico e bengalese, per
essere ricondotti in Libia, ad eccezione però di 14 di essi, incapaci per le
condizioni fisiche di risalire in superficie dalla stiva in cui erano stati
disposti. Essi sarebbero poi stati abbandonati nel barcone in mare fino a
essere stati avvistati dalle nostre motovedette.

Nel pomeriggio e nella serata di ieri, alcuni
migranti sono riusciti a raggiungere le acque dell’isola fino ad essere
avvistati a pochissime miglia dal porto, cosi come il grande barcone giunto
stamattina all’alba, con a bordo circa 150 siriani e siropalestinesi, tra cui
15 bambini. Il CSPA dell’isola torna così ad essere saturo, raggiungendo il
livello di sovraffollamento di una settimana fa; attualmente sono ospitati
circa 950 migranti di cui 75 circa bambini. Stamattina è stato fermato il
presunto scafista di questo barcone; si tratterebbe di un tunisino in grado di
parlare italiano, noto già agli operatori dell’isola perché fermato
precedentemente altre 4 volte, ma riuscito sempre a cavarsela con qualche fermo
e sanzione pecuniaria.

Continuano intanto le procedure di trasferimento
delle bare contenenti le vittime eritree del naufragio dello scorso 3 ottobre.
Una folla di operatori, giornalisti e famiglie delle vittime si è radunata
intorno al punto del trasbordo presso il molo commerciale. Tanta l’indignazione
dei parenti e degli stessi sopravvissuti che hanno voluto essere presenti per
un ultimo addio alle salme dei connazionali: tra la commozione generale,
infatti, tante son state le urla di dolore e rancore, ma anche l’ansia di
coloro che ancora non hanno trovato la salma del loro familiare, o non la hanno
nemmeno potuta riconoscere, e tanta la spossatezza in chi cerca affannosamente
risposte per dare un senso a questa tragedia ancora oscura.

Continuano infatti le testimonianze circa le
dinamiche, ancora poco chiare, del naufragio a largo della Tabaccara. Ieri, tra
la calca formatasi di fronte all’ingresso della Caserma dei Carabinieri di
Lampedusa per l’identificazione delle vittime, alcuni superstiti confermavano,
con qualche ulteriore precisazione, quanto già riportato precedentemente sul
presente sito. Una nave grande e altre navi più piccole di “plastica”, riferiva
ieri un superstite, e di colore rosso chiaro, si sono avvicinate al barcone la notte
della tragedia facendo due giri intorno ad esso prima di sparire nel buio. Il
comandante aveva già esaurito le torce luminose per l’SOS e non poteva
riaccendere il motore appena spento. A quel punto un migrante, temendo di aver
perso l’unica chance di essere salvati, avrebbe dato fuoco con un accendino a
un panno, agitandolo con la mano nella speranza di farsi avvistare. I vestiti
del migrante avrebbero quindi preso fuoco, e nel tentativo di salvarsi, questi
avrebbe gettato il panno per terra dando fuoco all’intera imbarcazione di
legno.

Si susseguono inoltre le testimonianze relative
anche alla dinamica del naufragio di venerdì sera, avvenuto in acque maltesi ma
a 70 miglia
da Lampedusa. Uno dei superstiti giunti sull’isola la sera stessa della tragedia,
riferisce oggi che l’imbarcazione, su cui erano presenti circa 450 migranti
tutti di provenienza siriana e siropalestinese, sarebbe stata affiancata da un
nave libica, da cui 4 persone armate di fucile avrebbero sparato contro i
profughi. Una volta allontanatasi la nave, il barcone avrebbe riportato danni
e, pur proseguendo la navigazione, avrebbe cominciato ad imbarcare acqua,
sbilanciandosi tanto da arrivare a pendere quasi perpendicolarmente sul mare
fino a inabissarsi.

Borderline Sicilia è attualmente impegnata su
entrambi i fronti, cercando da un lato di sostenere le vittime dei migranti
eritrei morti nel naufragio di undici giorni fa nell’identificazione dei corpi
dei loro cari, e dall’altro, di aiutare, in collaborazione con gli operatori
dell’OIM e della Croce Rossa Italiana, i superstiti siriani e palestinesi
ospiti al CSPA a mettersi in contatto con i familiari trasferiti a Malta.

Sembra intanto non aver fine l’ondata di arrivi
che sta coinvolgendo l’isola, dal cui molo escono in continuazione sia le
motovedette della Guardia di Finanza che i SAR della Capitaneria di Porto. Tutto
questo mentre proprio oggi, in Consiglio dei Ministri si sta discutendo del
rafforzamento del pattugliamento delle acque del Canale di Sicilia, che
dovrebbe partire proprio in questi giorni, con l’obiettivo, pare, di avvistare
il prima possibile tutte le imbarcazione per scortarle a destinazione.

Non si è
ancora parlato infatti, nemmeno durante la visita dei vertici del governo
italiano e della Commissione
Europea della settimana scorsa, di respingimenti
in mare. Cosa che deve aver infastidito un attivista della Lega Nord, che gira
per l’isola armato di bandiere del Carroccio tra l’incredulità e l’indignazione
dei Lampedusani e degli operatori, esortando con le sue urla all’allontanamento
dei migranti, in un momento in cui la comunità locale dà invece grande prova di
condivisione di dolore, mettendo a disposizione cibo, vestiti e in alcuni casi
le proprie abitazioni.

La Redazione di Borderline Sicilia Onlus