Evoluzione degli accampamenti intorno Pian del Lago

Gli sgomberi degli accampamenti di migranti costretti a vivere per mesi nelle zone adiacenti il centro di Pian del Lago, prima di riuscire ad accedere alla procedura di richiesta di asilo e all’accoglienza, o prima di avere il rinnovo del permesso di soggiorno, non hanno risolto il problema, ma lo hanno solamente reso meno visibile.
Il primo importante sgombero dell’accampamento spontaneo sorto nella struttura sportiva del Pala Cannizzaro, che sorge accanto al centro di accoglienza di Pian del Lago, era avvenuto lo scorso marzo, in un’ operazione, coadiuvata dalla Prefettura in collaborazione con l’amministrazione comunale, e denominata dai vari giornali locali “ il Grande Blitz”. Tutte le persone che si trovavano da tempo a vivere all’addiaccio erano state collocate nei diversi centri di accoglienza con cui la Prefettura aveva in quel periodo attivato le convenzioni per l’accoglienza.
Lo scorso ottobre, a ridosso della visita della delegazione della sezione asilo della Commissione europea, anche l’altro accampamento costituitosi da tempo sotto un cavalcavia adiacente al centro di accoglienza, è stato raso al suolo. Una mattina, senza alcun preavviso erano arrivate ruspe, operai e rappresentati istituzionali e nel giro di poche ore, anche di questo accampamento non c’era più traccia.
Avevamo incontrato alcuni dei ragazzi che vi vivevano, i quali ci hanno raccontato di essersi svegliati con il rumore delle ruspe quella mattina, mentre altri ci hanno detto di essere tornati e di non aver più trovato niente dei pochi effetti personali che possedevano.
L. ci racconta di essere andato in centro città quella mattina, perché nonostante fosse ottobre, il sole batteva forte, e non riusciva più a stare in tenda. Al suo ritorno non ha trovato ne’ la tenda, ne’ le sue valigie con i suoi vestiti e le poche cose che aveva con sè. Anche ad O. è successa la stessa cosa.
Questa volta infatti l’accoglienza non è stata riservata a tutti, e sono state almeno una decina le persone che si sono trovate senza neanche più una tenda in cui ripararsi nella notte.
Al momento non ci sono più accampamenti visibili a Caltanissetta, ma il problema di chi deve aspettare settimane per essere identificato e mesi prima di ricevere accoglienza o per rinnovare il permesso di soggiorno, rimane.
Alcune di loro abitano in case abbandonate ubicate nella periferia della città, mentre la maggior parte ha trovato posto in uno degli appartamenti che vengono subaffittati da chi è sempre pronto a speculare, a decine di persone, che pagano un affitto mensile che va dai 60 ai 100 euro, per vivere in case sovraffollate.
L’associazione BAO che da più di un anno organizza corsi di italiano per stranieri e un servizio di lavanderia gratuito ed è per questo a contatto con molte di queste persone, ha di recente chiesto la collaborazione per una raccolta di indumenti per queste persone, che pur avendo un tetto sopra la testa, vivono in condizioni molto simili a quelle degli accampamenti, condividendo una stanza anche in 10/15, senza servizi igienici.
E’ dunque evidente come, tali provvedimenti di sgombero non accompagnati da un riassetto generale del sistema non hanno di fatto risolto il problema, ma lo hanno semplicemente reso invisibile, aprendo tra l’altro la strada alla speculazione di chi è sempre pronto a guadagnare sulla disperazione di coloro che non hanno alternative. Gli interventi strutturali che servirebbero vanno da un rafforzamento dei servizi dell’Ufficio Immigrazione della Questura che possa assicurare tempi ragionevoli di identificazione, formalizzazione della domanda di asilo, rinnovo e rilascio dei permessi di soggiorno, alla riorganizzazione della Commissione che abbrevi i tempi di attesa per l’audizione e della comunicazione della decisione, permettendo così tempi più celeri di accesso nei centri.

Giovanna Vaccaro
Borderline Sicilia