Indivisibili

Il 7 novembre scorso il Senato ha approvato il decreto “immigrazione e sicurezza”, votato con la questione di fiducia, solito strumento di ricatto, abusato da tutti i governi per eliminare qualunque opposizione al proprio operato. Inoltre, il testo votato è differente da quello entrato in vigore, in quanto è stato aggiunto dal governo, all’ultimo momento, un maxi emendamento con disposizioni peggiorative relativamente al diritto alla protezione internazionale.

Per questo motivo, la manifestazione indetta per il 10 novembre a Roma, ha il sapore amaro dell’ ultima occasione, prima del passaggio alla Camera previsto per la settimana prossima, per mostrare che un’importante fetta di popolazione è contraria al trasformarsi in legge di un decreto che smantellerà quel poco di buono che si era fatto in questi anni sul fronte dell’accoglienza e colpirà duramente diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione. Forse, è proprio questo forzato passaggio al Senato che ha portato la manifestazione a sfilare con numeri non immaginati dagli stessi organizzatori, i quali informavano, dopo l’arrivo della testa del corteo a piazza San Giovanni, che la fine si trovava ancora a Termini, a circa due chilometri di distanza, facendo così ipotizzare la partecipazione di circa 100 mila persone.

Più di 450 organizzazioni hanno dato l’adesione al corteo. Sigle sindacali, associazioni, movimenti, ONG, centri sociali, organizzazioni partitiche, singoli e soprattutto centinaia di migranti hanno sfilato per le vie di Roma, con lo slogan con cui la manifestazione era stata indetta e cioè “diversi ma indivisibili”, mostrando che un’Italia accogliente e solidale esiste.

Numeri che spaventano il governo, che fa di tutto per evitare di esibire alcun segno di cedimento, e che infatti dispiega un numero esagerato di corpi di polizia, installando anche posti di blocco ad ogni casello autostradale per rallentare l’arrivo degli autobus stracolmi di manifestanti, effettuando anche controlli invasivi, con registrazioni video dei passeggeri e perquisizioni a tappeto. Tentativo di bloccare o ridurre il numero dei partecipati che fallisce miseramente, ottenendo solo un ritardo della partenza del corteo.

Protagonista della manifestazione è il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, ancora con divieto di dimora, che avanza in testa al corteo, dietro lo striscione che aveva aperto la manifestazione del 6 ottobre a Riace, quando si trovava agli arresti domiciliari. Tanti i cori e le parole di sostegno indirizzate all’ormai ex sindaco, che commosso ringrazia la partecipazione di così tante persone e soprattutto degli italiani che non si sono dimostrati indifferenti davanti la sorte dei loro concittadini di provenienza straniera.

Durante il suo intervento finale, Lucano ricorda come non possa esserci giustizia senza uguaglianza e che proprio con l’accoglienza si può lottare contro le mafie e in favore del territorio. Infatti, spesso l’accoglienza diventa business per le organizzazioni criminose, quando invece potrebbe essere fonte di arricchimento culturale ed economico di un territorio depresso e in via di spopolamento, come era Riace prima dell’apertura dello SPRAR e dell’accoglienza diffusa. Il nuovo decreto legge va invece in direzione contraria: limitazione della protezione umanitaria, riduzione del sistema SPRAR, ingrandimento dei centri di accoglienza straordinari, eliminazione dei corsi di prima alfabetizzazione, allungamento dei tempi di residenza all’interno dei centri per i rimpatri. Tutto porta alla creazione di maggiore insicurezza, per migranti e non, con un incremento esponenziale degli irregolari, con l’eliminazione di ogni possibilità di integrazione culturale e lavorativa. Un decreto legge che sembra essere stato confezionato su misura per aumentare la speculazione sui centri di accoglienza e per costringere migliaia di persone ad accettare condizioni di lavoro disumane nel mercato illegale, pur di mantenersi il vizio di nutrirsi e sopravvivere. Ma tanto Salvini continua, commentando la manifestazione, con il solito tweet che afferma che la pacchia è finita, anche se non si sa bene per chi questa pacchia finisca.

Unica nota dolente della manifestazione, la quasi totale assenza delle televisioni italiane. Centinaia di giornalisti, testate straniere e media internazionali hanno ripreso l’evento, alle volte anche assediando Mimmo Lucano, che si è trovato ad un certo punto ad essere scortato per evitare l’invasione mediatica. Eppure la maggior parte delle reti televisive nazionali tacciono sull’evento, dando più credito alla contemporanea manifestazione ‘SìTav’ a Torino, nonostante vi siano presenti un decimo delle persone che sono a Roma. Evidentemente, la decantata opposizione al governo che passa dai media italiani si rivolge solamente a una minoranza da salvaguardare, la borghesia industriale italiana, e non certo ai cittadini (migranti e non) precari e sfruttati che rappresentano la stragrande maggioranza di questo paese.

 

Peppe Platania
Borderline Sicilia