Sbarcano a Palermo in 604. A bordo della nave di Msf

Sbarcati dalla nave di Medici Senza Frontiere, sono tutti dell’Africa subsahariana. Paola Mazzoni (Msf): “Tra essere schiavi in Libia o in Europa ci dicono che almeno preferiscono l’Europa dove qualche diritto ce l’hanno”Redattore Sociale – Ennesimo sbarco di oltre 600 migranti oggi, al molo Santa Lucia del porto di Palermo, dalla Bourbon Argos di Medici senza frontiere. Sono persone molto provate dalla stanchezza quasi tutte in buone condizioni di salute provenienti da Nigeria, Costa d’Avorio, Sudan, Senegal, partiti giovedì scorso dalla costa libica. Soccorsi venerdì mattina da navi mercantili, nella notte sono stati trasbordati sulla Bourbon Argos. Al porto tutte le operazioni sono state coordinate dalla prefettura e a dare la prima assistenza con il kit di indumenti, acqua e cibo i volontari della Caritas, i missionari laici comboniani, la Protezione civile, la Croce rossa, sanitari, psicologi dell’Asp e forze dell’ordine. Presenti il questore e l’assessore comunale alle Politiche sociali, Agnese Ciulla.In particolare, si tratta di 500 gli uomini, 73 le donne di cui 15 in stato di gravidanza, circa 50 minori non accompagnati e dieci bambini al di sotto cinque anni. La maggior parte di loro verranno trasferite in altre parti d’Italia. Circa 200 di loro invece dopo le prima forme di identificazione in questura, molto probabilmente rimarranno in porto, in attesa di un trasferimento in pulman verso i centri di destinazione.Ad accogliere ed assistere i migranti nella loro nave sono stati gli operatori di Medici Senza Frontiere, che denunciano ancora una volta le situazioni estremamente drammatiche da cui scappano i profughi in Libia. “Purtroppo tra i drammi che ci vengono raccontati- sottolinea Paola Mazzoni, anestesista in pensione e medico di bordo della nave Bourbon Argos di Msf – abbiamo quelli di giovanissime bambine strappate alle loro famiglie che subiscono aggressioni sessuali e ragazzi altrettanto giovani che subiscono le botte. Accogliamo ed aiutiamo persone che hanno sofferto per mesi la fame, il freddo, la deprivazione e la violenza fisica e psicologica nei campi di detenzione libici come dei veri e propri schiavi. Anche salire su questi gommoni è una cosa rischiosa che alla fine subiscono pur di non rimanere in Libia dove la loro vita non ha alcun valore sul piano dei diritti. Tra essere schiavi in Libia o in Europa ci dicono che almeno preferiscono l’Europa dove qualche diritto ce l’hanno. Quando li soccorriamo, ringraziano, pregano, ci abbracciano ed è un’emozione che vorrei che tutti provassero nonostante fisicamente sia un servizio per noi molto impegnativo. Ricordiamoci sempre che sono persone come noi, piene di speranza e quando arrivano finalmente nelle nostre coste e come se fossero rinate una seconda volta. Msf chiede all’Europa di affrontare il problema senza chiudere gli occhi cercando le soluzioni possibili nel pieno rispetto dei loro diritti”.”Su 600 persone ne abbiamo visitato in nave 300 – continua il medico di Msf -. Sono soprattutto persone fortemente denutrite e deprivate psicofisicamente che con il freddo vanno in ipotermia con un calo glicemico che ha portato, anche in altri sbarchi a casi di coma ipoglicemico”. L’equipe di Medici Senza Frontiere ha anche avviato in nave, attraverso il suo personale specializzato, una prima forma di assistenza e di supporto psicologico basato principalmente sul conforto e sul riacquisto della fiducia. La finalità è quella, attraverso un primo approccio di assistenza psicologia di gruppo quella di abbassare in questo modo il loro livello di stress.A bordo della nave anche il mediatore interculturale Ahmad Alrousan, che l’anno scorso ha ricevuto la cittadinanza onoraria dal sindaco Orlando. “La certezza che constatiamo è che la violenza in Libia sia aumentata – dice – e lo vediamo dalle ferite aperte e sanguinanti che hanno. Ci raccontano che vengono picchiati e completamente deprivati dei loro diritti durante la loro permanenza nei campi di detenzione libici, che sono delle specie di fattorie ubicate nelle periferie dove sono costretti, avendo a volte già pagato il loro viaggio per l’Europa, a sopravvivere in condizioni terribili, aspettando il giorno in cui partiranno. Vengono disumanizzati e alcuni perdono pure l’uso della parola perché ogni volta che chiedono qualcosa vengono picchiati. Quando li accogliamo, per loro essere ascoltati è un diritto ritrovato che avevano perso. Abbiamo purtroppo tanti minori soli e tante ragazze giovanissime che hanno subito molto probabilmente delle violenze. Noi registriamo tutto questo, sebbene la prima preoccupazione generale di tutti i politici oggi sia quella di come fermare l’arrivo degli immigrati. In questo modo è come se l’Europa perdesse uno dei suoi principi fondamentali, che è quello della solidarietà sociale nel pieno riconoscimento dei diritti umani”. “In nave abbiamo avuto anche momenti di gioco con i bambini – racconta ancora – e tanta gioia quando hanno saputo dei risultati della partita del Real Madrid. Sono persone che, nonostante quello che hanno subito continuano ad avere una grande voglia di riprendersi, riprendendo in mano la loro vita e provando ad essere messi nelle condizioni di diventare una risorsa per il nostro Paese”.Tra i volontari presente oggi al porto, anche il padre generale dei comboniani l’etiope Tesfaye Tadesse in visita a Palermo della comunità dei missionari comboniani. “Sicuramente l’arrivo di tante persone tocca il cuore di tutti noi – dice -. Vedendo arrivare i miei fratelli africani e fra di loro, donne giovanissime con bambini e donne incinta che hanno rischiato la vita, da una parte fa vedere il loro coraggio ma dall’altra ci interpella tutti come una società che deve cambiare atteggiamento e approccio nei loro confronti. A Palermo come in altre parti d’Italia continuo a conoscere gente generosa che accoglie in maniera aperta. Una forte testimonianza in città la vedo anche dai missionari e laici comboniani. Certamente non basta soltanto la risposta dell’Italia ma anche abbiamo bisogno di quella degli altri paesi europei e di alcuni paesi africani. Vogliamo che vengano date risposte forti insieme come Europa e insieme come Africa per capire anche le situazioni di guerra e di povertà dei paesi da cui partono e scappano queste persone”.La situazione più delicata è sempre quella relativa ai minori stranieri non accompagnati. “Il problema più grosso come più volte abbiamo sottolineano – afferma inoltre Judith Gleitze di Borderline Sicilia – è quello che quando i minori si dichiarano maggiorenni non c’è una vera prova che lo dimostri. Succede quindi che, nonostante la dichiarazione numerica iniziale dei minori stranieri sia diversa, alla fine i minori sulla carta ne risultano meno, e alcuni che si dichiarano maggiorenni finiscono nei Cas, esposti a mille pericoli. Tutto questo andrebbe evitato per il loro bene e per i rischi forti di cadere in balia dei trafficanti di tutti tipi”. “In tema di immigrazione in generale poi, molti paesi europei continuano a chiudere le loro porte agli immigrati – continua – e anche la stessa rilocation non è andata come si sperava perché sono avvenuti pochissimi ricollocamenti. Tutto il sistema andrebbe rivisto. Inoltre, continuiamo ancora a chiedere a tutti i governi europei che non possiamo ancora permettere che arrivino tutte queste persone in queste condizioni, rischiando la vita in mare senza pensare seriamente ad una loro forma di arrivo più umana e dignitosa attraverso i canali legali umanitari”. (set)