DUE NUOVI SBARCHI RAVVICINATI A POZZALLO. IN 251 RAGGIUNGONO LA COSTA SU UN VECCHIO PESCHERECCIO

Hanno solo il tempo di accorgersi della terra ferma sotto i loro piedi, i numerosi migranti sbarcati in questa lunga giornata al porto di Pozzallo. Il CPSA vicino al porto è momentaneamente chiuso, in attesa di un rinnovo della convenzione tra Comune e Prefettura, e sulla banchina li attendono i bus messi a disposizione per il loro trasferimento nei centri di Comiso e Siracusa, da dove inizierà una nuova fase del loro lungo percorso alla ricerca della libertà.Il primo dei due sbarchi di queste ore avviene alle 17.30 del 7 settembre. Al porto arrivano 259 migranti, di cui 123 uomini, 48 donne e 88 minori, soccorsi nel canale di Sicilia da un pattugliatore maltese che ha poi affidato le operazioni alle imbarcazioni della Marina Militare.

Vengono da Ghana, Siria e Palestina; questi ultimi due sono paesi in cui la guerra li costringe a mettere quotidianamente a repentaglio la propria vita solo uscendo di casa. Tra di loro, fuggiti per sopravvivere, ci sono numerose famiglie con bimbi piccoli e ben 7 donne incinte, ricoverate presso l’ospedale di Modica, mentre altri 3 migranti con complicazioni mediche sono portati all’ospedale di Ragusa. Le operazioni di prima identificazione e controllo medico in banchina avvengono rapidamente. Oltre alle forze dell’ordine, alla protezione civile, alla croce rossa e al medico dell’ ASP, è attivissimo il team di MSF, che ritrovo poche ore dopo al secondo sbarco della giornata. Sono le prime ore del mattino dell’8 settembre infatti, quando giunge a Pozzallo un peschereccio scortato dalle motovedette della guardia costiera e della guardia di finanza. Un arrivo inaspettato, perché l’imbarcazione è stata avvistata solo nei pressi della costa, ormai al limite delle capacità di avanzamento. Arrivo al porto verso le sei del mattino, quando le operazioni di sbarco sono già avviate, e una cinquantina di migranti è già scesa a terra. Nonostante questo, il piccolo peschereccio fatiscente attraccato alla banchina sembra rovesciarsi da un momento all’altro per il numero spropositato di migranti stipati a bordo. L’interrogativo stampato sulle facce dei presenti in banchina è come sia stato possibile per più di 200 persone affrontare la traversata in queste condizioni. Si tratta infatti di un gruppo di 251 migranti, 159 uomini, 55 donne e 37 minori, provenienti da Etiopia, Eritrea e Somalia, partiti dalla Libia due giorni fa. Anche tra di loro ci sono famiglie, donne con neonati allacciati con fasce di cotone alle loro spalle, ragazzi che ci rivolgono grandi sorrisi mentre osservano il sorgere di un nuovo giorno dalla loro minuscola barca, ora stracolma di salvagenti arancioni. Pochi parlano inglese,una mediatrice di MSF li aiuta a spiegarsi durante i primi controlli medici che registrano alcuni casi di scabbia e predispongono il ricovero di un paziente diabetico con complicazioni. A bordo erano presenti anche 4 donne incinte portate all’ospedale di Modica. Riesco a scambiare qualche parola con alcuni ragazzi eritrei fatti sedere mentre attendono l’ultimo autobus. “Voglio avere un ricordo di questo momento”mi dice M. mentre fotografa con il cellulare il peschereccio cha ha appena lasciato “poteva diventare la mia tomba sai? Non ho smesso di pensarlo durante le 20 ore della traversata”. In molti fotografano il relitto o si fermano a guardarlo. Una volta vuoto sembra ancora più malandato. “Vengo dall’Eritrea e con altri miei compagni sono partito dalla Libia dove sono stato solo due mesi” continua M. “in Libia è impossibile vivere in questo momento. Anche da lì bisogna fuggire il prima possibile. Ma com’è la situazione in Italia? Come trattano gli immigrati?Io non vorrei rimanere in Italia. Non so ancora dove, ma vorrei andare più a nord”. Ci interrompe A. che vuole mostrarci orgoglioso la sua t shirt dell’Arsenal: “Io ho letto tante cose sull’Italia. So che ci sono tante squadre di calcio e le città più grandi non sono qui al sud. So che se sei un immigrato ti accolgono solo quando giochi bene a calcio”. “Non voglio restare ma stamattina ero la persona più felice del mondo quando ho visto la terra e persone che ci aspettavano e salutavano sulla banchina” conclude M. prima di salire sul bus diretto a Comiso, lasciando un messaggio carico di speranza e determinazione a chi quotidianamente cerca una vita migliore.
Lucia Borghi
Borderline Sicilia Onlus