Interrogazione parlamentare sulla situazione a Pozzallo. Un uomo scompare misteriosamente

Pubblichiamo l'interrogazione parlamentare presentata dall'on.CHAOUKI lo scorso 14 ottobre, nella quale oltre a denunciare le gravi condizioni in cui vengono tenuti i migranti nel CSPA di Pozzallo, si chiede con urgenza di intervenire nella vicenda che vede un eritreo trentatreenne scomparso nel corso di un trasferimento da Pozzallo. 

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-01203
presentato da

CHAOUKI Khalid
testo di

Lunedì 14 ottobre 2013, seduta n. 96


CHAOUKI,PALAZZOTTO,VILLECCO CALIPARI,RACITIeMOSCATT. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
si è venuti a conoscenza della storia di Mahari Kidane, trentatreenne eritreo, nato il 1ogennaio 1980, e sbarcato nell'isola di Lampedusa il 13 settembre 2013, da un racconto/denuncia di Francesco Mollo, giornalista professionista del «Quotidiano della Calabria»;
stando a quanto riferito da Mollo, il signor Kidane, passato dal centro di prima accoglienza di Pozzallo (RG), sarebbe poi scomparso il 26 settembre 2013 nel momento in cui il pullman, che lo avrebbe dovuto portare allo Sprar di Cosenza con il resto della sua famiglia, stava per partire;
quando, all'arrivo nella casa gestita dall'associazione che si occupa dei progetti di accoglienza Sprar, i volontari hanno chiesto notizie ai poliziotti sull'assenza dell'uomo, non avendo altre risposte, gli agenti ne avrebbero semplicemente cancellato con un colpo di pennarello il nome nella lista che lo vedeva comparire assieme ai suoi familiari;
per di più, da giorni, nessuno dalla questura e della prefettura di Ragusa risponde alle richieste di notizie avanzate dalla dottoressa Enza Papa responsabile dello Sprar di Cosenza sulle sorti di Mahari Kidane;
da quanto emerge dal racconto della moglie, Yurdanus Abrha, sono arrivati insieme a Lampedusa il 13 settembre e sono stati trasferiti in un primo centro di accoglienza per 10 giorni. In seguito, il 24 settembre sono stati trasferiti a Pozzallo dove sono rimasti due giorni. Secondo le parole della signora Abrha «l'impatto con questo campo è stato terribile, non è un campo, è un grande magazzino dove tutti – circa duecento persone – dormono insieme, e i bagni sono in comune. Appena arrivati in questo posto sono scoppiati grandi disordini con la polizia, perché nessuno voleva sottoporsi al fotosegnalamento e le forze dell'ordine ci picchiavano con i manganelli e urlavano contro tutti. Io e la mia famiglia abbiamo provato ad opporci, ma vedendo la reazione violenta e avendo due bambini piccoli, abbiamo deciso di farci fare le foto segnaletiche e di farci prendere le impronte»;
sempre secondo quanto raccontato dalla moglie di Kidane: «il 26 settembre ci hanno ordinato di salire su un autobus, senza dirci dove ci avrebbero portato; lo abbiamo chiesto ma ci rispondevano che non lo sapevano. Nessuno ci dava informazioni. Io, mio marito, mia madre e i miei due figli eravamo già seduti quando hanno riaperto le porte e la polizia ci ha ordinato di scendere. Nessuno capiva perché e cosa stesse succedendo. Siamo scesi tutti e all'improvviso alcune persone hanno iniziato ad urlare e a scappare. Ho visto la polizia rincorrere e afferrare alcuni miei connazionali; ad uno gli hanno rotto un braccio. Nella confusione ho perso mio marito. Ci hanno ordinato nuovamente di salire e le porte si sono chiuse; l'autobus è partito nella confusione più totale, mio marito non era presente. Siamo partiti all'ora di pranzo e siamo arrivati verso le undici di sera a Cosenza, dove siamo stati accolti da due ragazze. A loro ho subito comunicato che mio marito non c'era. Il giorno seguente, venerdì 27 settembre, sono stata ascoltata da una responsabile della Kasbah alla quale ho raccontato tutta la mia storia comunicandole che ero molto preoccupata per mio marito. Abbiamo scritto insieme una relazione che è stata spedita al Ministero, alla Prefettura e alla Questura di Ragusa, per chiedere dov’è mio marito. Ma dopo otto giorni nessuno ha risposto»;
stando a quanto affermato anche da Enza Papa, responsabile dell'associazione «La Kasbah» che gestisce lo Sprar di Cosenza è stata immediatamente inviata una nota ufficiale per chiedere notizie al Ministero dell'interno, alla questura e alla prefettura di Ragusa. Ma a distanza di una settimana nessuna di quelle istituzioni avrebbe risposto. Oltre all'assurdità del caso specifico, che pare non essere l'unico, visto che le associazioni siciliane da tempo denunciano il crescente numero di casi di migrantidesaparecidos, questa vicenda è emblematica del modello disumano di gestione securitaria dei fenomeni migratori –:
se non ritenga di dover intervenire per far luce sulla vicenda del cittadino eritreo Mahari Kidane, al fine di capire innanzitutto dove sia e cosa gli abbia impedito di prendere l'autobus per Cosenza con la sua famiglia;
se non ritenga necessario procedere ad una urgente e approfondita verifica delle condizioni del centro di accoglienza di Pozzallo e delle condizioni in cui versano i migranti che lì ricevono prima accoglienza. (5-01203)