L’avv. Cattelan commenta il suo recente successo giurisprudenziale sui respingimenti differiti

Ringraziamo l’avvocato
Barbara Cattelan che ha commentato per noi la sentenza 15115 del 17/07/2013
della Corte di Cassazione


La legge non individua il giudice competente a decidere dei ricorsi contro i
decreti di respingimento del Questore. Eppure, il respingimento alla frontiera
può tradursi in un atto che lede gravemente i diritti dello straniero che tenta
di entrare nel territorio dello Stato.

D.B.,
per esempio, cittadino tunisino giunto in Italia il 24/8/2011, veniva
accompagnato presso il Centro di Lampedusa e qui trattenuto, di fatto senza la
possibilità di uscirne, fino al 6/9/2011 quando gli veniva notificato il
decreto di respingimento, e contestuale decreto di trattenimento presso il
Centro di identificazione ed Espulsione di Torino, adottato dal Questore di
Agrigento.

Davanti
a quale giudice dolersi della violazione dell’art. 13, comma 2, della Carta Costituzionale, a mente del quale non è
ammessa alcuna restrizione della libertà personale se non per atto motivato
dell’autorità giudiziaria che, nel caso di specie, si era avuto solo il 9/9/2011, allorquando il Giudice di Pace di Torino
aveva convalidato il trattenimento del ricorrente, a fronte di una restrizione
della libertà personale che durava da 13 giorni, e cioè dal 24/8/2011?
Davanti a quale giudice dolersi della violazione dell’art. 13, comma 3, della Costituzione, a mente
del quale l’autorità di pubblica sicurezza – nel caso di specie la Questura di
Agrigento – può adottare provvedimenti provvisori, in casi eccezionali di
necessità e urgenza previsti tassativamente dalla legge, che tuttavia debbono
essere trasmessi all’autorità giudiziaria entro quarantotto ore, trasmissione
che nel caso di D.B. era stata effettuata solo dopo 15 giorni
dall’inizio del trattenimento, e cioè il 7/9/2011?

D.B.
si è rivolto al Giudice di pace di Agrigento affinché dichiarasse
l’illegittimità del decreto di respingimento adottato nei suoi confronti dal
Questore di Agrigento, ma il Giudice di Pace non si è pronunciato sul merito
del ricorso, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione e rimandando D.B.
davanti al giudice amministrativo (che nel caso di specie era il T.A.R. Sicilia
– Sezione di Palermo).

La
lacuna legislativa ha consentito per anni che il giudice ordinario (il
Tribunale o il Giudice di Pace) e il giudice amministrativo (il T.A.R. –
Tribunale Amministrativo Regionale) si rimbalzassero la competenza dall’uno
all’altro: il Giudice di Pace ha spesso dichiarato il proprio difetto di
giurisdizione a favore del giudice amministrativo, ed il T.A.R., dal canto suo,
declinava la propria giurisdizione a favore del giudice ordinario sul
presupposto che il respingimento rappresenta, per contenuto e funzione, un
provvedimento omogeneo a quello di espulsione per il quale la legge attribuisce
espressamente la giurisdizione al giudice ordinario.

Di
fatto, però, la lacuna legislativa, da un lato, e le opposte pronunce dei
giudici investiti della questione, dall’altro, hanno determinato una
inaccettabile compressione, per non dire negazione, del diritto di difesa del
migrante entrato irregolarmente nel territorio dello Stato.

Finalmente, con la
sentenza 15115 del 17 giugno 2013, pronunciata dalla Corte di Cassazione a
Sezioni Unite sul ricorso presentato proprio da D.B.

(il cittadino tunisino trattenuto illegalmente sine titulo a Lampedusa per 13 giorni e poi trasferito al C.I.E. di
Torino dal quale è stato respinto nuovamente verso la Tunisia), si può dire che si sia messa la parola
fine sulla situazione di incertezza e di vuoto legislativo in materia di
respingimenti
: la Cassazione ha, infatti, indicato nel giudice ordinario il
giudice competente a decidere del ricorso contro il decreto di respingimento
adottato dal Questore.

Le
conclusioni in tal senso della Cassazione si articolano intorno ad una serie di
considerazioni desumibili dall’intero sistema delle norme che regolano la
materia dell’immigrazione: in particolare, la
Corte mette in risalto un aspetto fondamentale della disciplina del
respingimento e cioè il fatto che il provvedimento del questore incide su
situazioni che hanno la consistenza di diritto soggettivo, e pertanto deve
trovare applicazione il principio generale secondo cui la giurisdizione nelle
controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi spetta al giudice ordinario e
non al giudice amministrativo!

La
Corte mette in evidenza il fatto che i presupposti del decreto di respingimento
non sono solo quelli positivi elencati dall’art. 10, Testo Unico Immigrazione
(e cioè la presenza al valico di frontiera dello straniero che si presenti
senza i requisiti per l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero il
rintraccio all’ingresso, o subito dopo, dello straniero che si è sottratto ai
controlli di frontiera), bensì anche quelli negativi consistenti
dell’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento
della protezione internazionale (nelle sue forme dello status di rifugiato e
della protezione sussidiaria), oppure della protezione umanitaria.

In
altre parole, siccome l’autorità amministrativa, nell’adozione del decreto di
respingimento, è tenuta ad una valutazione, sia pur in via incidentale e
sommaria, dell’insussistenza dei presupposti per la concessione dello status di
rifugiato e delle altre misure di protezione internazionale o umanitaria, il
provvedimento di respingimento è un provvedimento che viene ad incidere sui
diritti umani fondamentali che devono essere riconosciuti allo straniero
comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato; e siccome tutte
le controversie in materia di protezione internazionale appartengono alla
giurisdizione ordinaria, anche la tutela dei diritti dello straniero
destinatario del decreto di respingimento deve essere affidata al giudice
ordinario.

L’istituto
del respingimento alla frontiera (ed in particolare del respingimento
differito, che colpisce lo straniero che è già entrato nel territorio dello
Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o per la necessità di essere
soccorso) è un istituto che, a giudizio unanime di tutti i più attenti giuristi
e degli operatori sul campo, presenta plurimi profili di illegittimità sia
rispetto alle norme costituzionali, sia rispetto alle norme dei trattati
europei sottoscritti dall’Italia, e dunque sarebbe auspicabile un intervento
legislativo di revisione dell’istituto o addirittura di sua abrogazione.

Tuttavia, lasciando da
parte le illusioni utopistiche di tal fatta, l’intervento della Corte di
Cassazione in commento, nel rendere percorribile la strada dell’esercizio del
diritto di difesa contro il provvedimento di respingimento, rappresenta senza
dubbio un passo in avanti verso una maggiore tutela dei diritti fondamentali
dei migranti.

Barbara
Cattelan, avvocato del foro Torino