L’accoglienza nell’agrigentino: la condizione dei minori

Nel corso delle attività di monitoraggio, ci scontriamo spesso con i problemi che riguardano l’accoglienza e l’assistenza dei minori non accompagnati (MSNA) e le loro condizioni di vita. Questa settimana siamo stati ad Agrigento a raccogliere impressioni ed informazioni sul sistema accoglienza.

I MSNA presenti nell’agrigentino sono circa 1159. Solamente nel capoluogo di provincia ci sono 20 comunità per minori (di cui 16 fanno capo al comune, mentre gli altri sono centri Sprar dedicati o nuovissimi Centri di Alta Specializzazione). Ma sono soltanto 12 le persone che si sono rese disponibile ad essere nominati tutori dei minori che risiedono in provincia. Ognuno di loro ha dalle 20 fino ad 80 tutele, e segue i ragazzi, tutti i ragazzi, a titolo volontario e gratuito.
Lo scorso mese ne abbiamo incontrati 3, tutti avvocati, per farci raccontare come si trovino a svolgere questo incarico (che di fatto è un lavoro, come lo è essere genitore a tutti gli effetti) gratuitamente, non facilitati dalle autorità e lasciati soli a loro stessi: “Ciò che mi fa più rabbia è che gli enti gestori prendono soldi per accogliere i minori. Noi il tutoraggio lo facciamo di tasca nostra, e in più non abbiamo nessun’agevolazione, nessun appoggio. Ci vorrebbe un maggiore controllo sulla gestione dei soldi”, si sfoga un tutore. Sfruttati e ignorati dalle istituzioni, un profondo scoramento ha portato i 12 tutori a chiedere la revoca di disponibilità ad essere nominati in futuro già dallo scorso luglio. Non rinunciano, attenzione, alle nomine che già hanno assunto: semplicemente, non ne accettano in più. Inoltre, proposte di nomine a tutore sarebbero arrivate anche dai comuni di Caltanissetta e di Ragusa, naturalmente rifiutate. Una situazione non più sostenibile né tollerata dai 12 volontari. Nessuno però fino ad oggi li ha mai convocati per capire le ragioni di questo atto.
Una delle problematiche principali relative all’assistenza dei MSNA è certamente la carenza di tutori, anche in caso di trasferimento ei ragazzi da una provincia a un’altra. Una delle tutrici di Agrigento ci riferisce che un minore egiziano seguito da lei è rimasto senza tutore per 9 mesi interi dal momento del suo ingresso in Italia. Da altre testimonianze raccolte, invece, ci giunge la storia di 10 ragazzi trasferiti da una comunità di Messina a un centro di primissima accoglienza ad alta specializzazione di Agrigento, gestito dal Consorzio Agri.Ca. Nonostante la richiesta di cambio di tutore una volta giunti ad Agrigento, dopo alcuni mesi il tribunale di Messina non aveva ancora provveduto, perché di base il sistema è molto lento (che novità!). Uno dei ragazzi aveva urgenza di fare un delicato esame clinico, ma il consenso dal tutore di Messina tardava ad arrivare, mettendo così gli operatori del centro in cui era ospitato in una situazione difficile.
Capita inoltre di frequente che i Tribunali, in mancanza di tutori volontari o di un numero sufficiente di assistenti sociali, assegnino la tutela del minore a un operatore della comunità nella quale risiede. Questo è un fatto gravissimo: il tutore dovrebbe essere una persona terza, estranea a tutto ciò che è legato alla comunità ospitante. Spesso accade anche che i minori vengano maltrattati sotto diversi punti di vista all’interno delle comunità. Il tutore dovrebbe essere anche il confidente dei minori soprattutto per le questioni delicate come le situazioni appena descritte, colui o colei che si attiva appunto per la tutela del benessere, dell’incolumità e del rispetto del minore. Se il tutore è interno alla comunità, o addirittura il perpetratore stesso dei maltrattamenti, che possibilità di salvezza ha il minore?
Un altro problema riscontrato spesso dai tutori agrigentini è la mancata emissione dei passaporti, un diritto fondamentali dei MSNA sul territorio. Sembrerebbe che gli assistenti sociali incaricati dal comune di Agrigento per la questione MSNA siano restii a firmare le deleghe agli operatori della comunità per richiedere i passaporti, probabilmente per paura di essere ritenuti responsabili nel caso in cui un MSNA provvisto di passaporto dovesse mettersi nei guai. In generale, la posizione di chi si faccia responsabile di questi ragazzi è molto delicata e apre accesi dibattiti. Di base, nessuno ha interesse e/o il coraggio di assumersene la responsabilità. Inoltre, nel caso di deleghe da parte di un tutore ad un delegato, non è sempre chiaro se venga delegata solo l’azione da specifica compiere o anche la responsabilità connessa.
Altri tutori ci hanno riportato la loro esperienza. Un minore eritreo sbarcato a Pozzallo e assegnato ad una comunità di S. Biagio Platani, profondamente traumatizzato dalla traversata in mare, mostrava atteggiamenti aggressivi nei confronti degli altri ospiti della struttura, e più volte ha tentato il suicidio. È stato il suo tutore a doversi occupare di accompagnarlo a Palermo per farlo seguire da un ambulatorio specializzato: il suo tutore si è sobbarcato il pagamento degli spostamenti, e lo ha accompagnato di persona. E’ stato lo stesso tutore a trovargli una comunità più idonea (il centro di S. Biagio Platani non solo non aveva l’esperienza per avventurarsi nell’accoglienza per minori, tanto meno traumatizzati, e nel caso specifico non era nelle condizioni di poter seguire adeguatamente questo minore eritreo anche perché non aveva un mediatore di tigrinho). In tutto questo i servizi sociali sono stati latitanti, non si sono attivati né hanno offerto il loro supporto.
Un altro grandissimo ostacolo è l’accesso all’istruzione. Ogni minore dovrebbe essere iscritto a scuola. Il problema è che l’unica scuola di alfabetizzazione per stranieri è a Villaseta (a ca. 6km da Agrigento) ed i corsi spesso sono serali (perché la maggior parte dei ragazzi ha più di 16 anni). L’ambiente non sarebbe proprio adatto, in quanto quella scuola sarebbe un istituto “a rischio”: contraddizione che al comune di Agrigento definiscono come “controsenso sociale”. Inoltre, sembra che nella scuola di Villaseta frequentino anche ragazzi provenienti da altri comuni, con il risultato di classi sovraffollate e minori esclusi in quanto i posti non sarebbero sufficienti per tutti. È evidente l’urgenza con la quale bisognerebbe intervenire anche in questo campo.
Al comune agrigentino le 16 strutture di accoglienza per minori costano circa 2 milioni di euro all’anno. Ogni struttura ospita dai 10 ai 12 MSNA. Dal 2015 però, a causa della mancanza di fondi, l’amministrazione di Agrigento ha cessato il contributo di 30 euro giornalieri da elargire alle comunità per l’accoglienza del singolo MSNA. Rimane dunque solo la quota prestabilita dal ministero dell’Interno di 45 euro pro capite, che il governo eroga al Comune e che quest’ultimo, a sua volta, distribuisce ai rispettivi centri.
Ad oggi le comunità agrigentine attendono ancora i pagamenti degli ultimi mesi del 2014 che saranno erogati a breve (da quanto trapela dal comune) con tariffe 45 + 30 (cioè quota ministeriale più regionale/comunale), mentre la nuova normativa che prevede soltanto un rimborso ministeriale di 45 euro sarà retroattiva e decorrerà da gennaio 2015, con conseguenze per li enti gestori molto pesanti per i buchi economici che si verranno a creare. Una delle conseguenze saranno gli ulteriori tagli ai servizi (mediatori già poco presenti e psicologi fantasmi), molte comunità chiuderanno i battenti per bancarotta e i ragazzi saranno costretti a transitare da centri non dedicati, in promiscuità, o scapperanno finendo nelle mani dei trafficanti.
E’ paradossale inoltre che il Comune venga a conoscenza dell’apertura di un centro per minori nel proprio territorio anche parecchi mesi dopo, attivandosi così con ritardo nel controllo della regolarità contabile ed amministrativa della gestione. Diviene chiaro, ancora una volta, quanto sia necessario e urgente un approfondimento sulla questione della responsabilità, in questo caso la responsabilità di controllo delle comunità da parte del Comune: è un obbligo o una facoltà dell’amministrazione verificare e monitorare il benessere e le condizioni abitative dei MSNA?
Ovviamente un ostacolo enorme al benessere psico-fisico dei ragazzi richiedenti asilo viene anche dall’inefficienza del meccanismo di riconoscimento dello status di rifugiato: 18 mesi di attesa dell’audizione in Commisssione! Se i tempi si velocizzassero, tutta la situazione sarebbe molto più sopportabile.
Al momento, la Commissione di Agrigento lavora 4 giorni a settimana, ascoltando una media di 6 persone al giorno. L’intenzione futura è di aumentare il numero di colloqui giornalieri da 6 a 9, per cercare di smaltire le richieste arretrate. Nel frattempo però, il rischio è che vengano a mancare le persone che nella Commissione ci lavorano: pare che i membri che rappresentano il Comune siano stati promossi a cariche di dirigenti dal nuovo sindaco, e che quelli della questura, visto i numerosi impegni, non siano molto presenti.
Il “dolce far niente” dei richiedenti asilo, minori come adulti, è frutto anche di queste assenze.
Nel frattempo, nell’ambito dell’accoglienza degli adulti, il Comune di Agrigento ha recentemente stipulato una convenzione con l’onnipresente associazione Acuarinto (ancora da mettere in pratica) per impegnare i migranti in progetto formativi ed impiegarli in lavori socialmente utili. In pratica i migranti aspettando un appuntamento in prefettura per l’audizione potranno pulire le strade, potare le piante dei giardini e altro così si mantengono attivi: questo è quanto pensano al comune!
Continuiamo a denunciare, pertanto, come dietro alla facciata dell’accoglienza (sia di minori che di adulti) spesso non ci sia alcun progetto strutturato. È così che i centri si trasformano in parcheggi e le persone si svuotano di speranza. Un aspetto da rivedere è sicuramente quello economico. Il pensiero di uno dei tanti responsabili dei centri è molto chiaro…..Se si vuole portare avanti un modello di accoglienza educativa ed integrativa come si deve, si devono avere anche le risorse economiche sufficienti per esserne all’altezza. Ciò diventa praticamente impossibile se il modello si deve subordinare a somme di denaro pro capite troppo piccole. Il risultato è che, per starci dentro con le spese, gli enti gestori devono tagliare proprio sui servizi su cui dovrebbe ruotare il modello che si vuole applicare. Per dirla con le parole del responsabile del centro di primissima accoglienza di MSNA di Villaggio Mosé: “Bisogna decidersi: o si vuole fare solo assistenza, e allora è un conto, oppure si vuole investire sulle persone e sul capitale umano di ciascuno di loro, lavorare con un modello educativo, ma a questo punto ci vuole ben altro”.

Caterina Bottinelli
Borderline Sicilia Onlus