A Pian del lago scatta l’autogestione

Gli immigrati si sono organizzati per rendere meno duri i lunghi tempi d’attesa davanti all’ufficio stranieri, che è stato trasferito nel Centro.

DaCorriereimmigrazione.it-Il centro polifunzionale di Pian del Lago (che comprende al suo interno un Cie, un Cda e un Cara) ha una localizzazione territoriale da ghetto perfetto, distante almeno un’ora di cammino dal centro abitato e dagli esercizi commerciali. Da qualche anno anche tutti gli uffici Immigrazione della Questura sono stati trasferiti nel Centro polifunzionale, con molti disagi anche per gli stranieri regolarmente soggiornati che affollano il cancello di ingresso del Centro nei giorni di ricevimento pubblico. Nel disbrigo delle pratiche di rinnovo permessi, richieste di rilascio e quant’altro lo straniero deve percorrere più volte a piedi il tragitto che separa la città dal Centro per procurarsi marche da bollo, pagare i bollettini postali e farsi fare le fotografie. Ovviamente, sotto il sole cocente d’estate e la pioggia e il freddo d’inverno.

Il sovraffollamento dinanzi i cancelli viene giornalmente accresciuto e amplificato dall’aggiungersi di nuovi stranieri che chiedono di entrare per formalizzare la richiesta di asilo e accedere all’accoglienza. Ma il sovraffollamento interno non consente di esaudire tutte le richieste di accoglienza e le liste di attesa si fanno ogni giorno più lunghe. C’è gente che, per non perdere il posto, trascorre anche 24 ore di seguito in fila e dorme per terra, vicino all’ingresso. Il cancello di accesso si apre direttamente sulla strada. Non c’è un piazzale e le persone in fila rischiano in ogni momento di essere travolte dai mezzi che circolano sulla strada stessa, anche e soprattutto nelle ore notturne.

Da qualche settimana, però, gli immigrati sono passati al contrattacco e all’autogestione. Hanno avviato una sorta di centro di accoglienza parallelo, nel quale sono state allestite alcune tende da campeggio (due posti), sono stati procurati dei bidoni di plastica per l’acqua e altre suppellettili. Tutto questo al fine di rendere l’attesa meno dura. Tutto questo in piena proprietà privata. Il proprietario dell’area occupata mi ha spiegato che probabilmente la scelta è caduta sul suo terreno perché perfettamente allineato con un viadotto, chiamato il ponte, che fornisce una protezione sommaria dalla pioggia. L’imprenditore racconta di avere allertato le autorità, non per mandare via gli immigrati ma per segnalare l’emergenza. Ma queste gli hanno semplicemente consigliato di realizzare una recinzione alta almeno quattro metri, per impedire l’ingresso agli estranei

Sì, le autorità non si vedono neanche su segnalazione dei cittadini. L’amministrazione comunale è totalmente assente, nessun intervento di supporto alle centinaia di persone che si alternano ogni giorno davanti i cancelli del Centro. Nessuna idea di assistenza a quanti passano giorno e notte per strada in attesa di accedere ad una qualche accoglienza. Colpevole assenza, assoluta e totale. Sino a un anno fa a colmare la mostruosa e indecente lacuna sopperivano organizzazioni onlus e ipab che mettevano a disposizione gli immobili, per garantire quanto meno un posto letto e un pasto caldo. Le stesse sono state costrette a chiudere per mancanza di fondi. “Non ci sono soldi”, da grido di allarme da parte delle pubbliche amministrazioni, molte volte in materia di immigrazione, diviene utile escamotage.

Abbiamo deciso di battezzare (metaforicamente) il nuovo centro di accoglienzaIl ponte. Finalmente, forse per la prima volta al mondo, un centro di accoglienza gestito direttamente dagli stranieri. Gestito dagli stessi con tutta l’umanità possibile (chi riesce a entrare in accoglienza “di Stato” lascia i suoi miseri averi, dalle coperte ai giubbotti alle tende, ai nuovi “ospiti”) ma senza alcun servizio. Infatti nonostante l’abnegazione dei creatori-ospiti mancano i servizi igienici, manca l’assistenza medica, manca l’assistenza legale, manca il vitto. Viene però garantita l’assistenza morale interscambiata, e non somministrata come nei centri governativi, ma anche e soprattutto vengono garantiti posti letto alcuni con vista ponte, altri a cielo aperto (le tende canadesi sono solo due). E’ vero un minimo di assistenza, o complicità dell’umano sentire, la ricevono dall’imprenditore che li ospita e consente loro di approvvigionarsi di acqua. Ma è solo un minimo intervento che non inficia assolutamente lo spirito straniero della gestione garantita da un azionariato esclusivamente estero.

Probabilmente qui a Caltanissetta anche per questo gridiamo forte“NO PONTE”:non vorremmo un ponte sullo stretto di Messina al di sotto del quale vengano fatte stazionare barche di migranti in attesa che si liberi un posto nei porti italiani.

Giovanni Annaloro