Messina Profughi accolti in un campo sportivo

Corriere delle Migrazioni – Prima settimana di ottobre. Pochi giorni dopo la strage di Lampedusa, sulle rive dello Stretto arriva la notizia dell’imminente trasferimento di un gruppo di migranti. I tavoli territoriali che si susseguono in Prefettura stentano, però, a prospettare soluzioni. Ogni proposta del Comune – capitanato dal Sindaco pacifista Renato Accorinti -subisce il veto prefettizio. Alla fine, l’unica ad essere giudicata idonea è una struttura messa a disposizione dall’Università, un palazzetto dello sport chiamato PalaNebiolo.
L’8 Ottobre arrivano 52 migranti, provenienti dai centri di Lampedusa e Pozzallo. Tutti uomini al di sotto dei trent’anni e forse della maggiore età – in seguito, per ventitre è stato chiesto l’accertamento e per una decina avviata la procedura tutelare. I paesi d’origine sono Eritrea e Somalia, ciò li rende rifugiati richiedenti asilo politico. Alcuni di loro hanno viaggiato nel barcone che precedeva quello che il 3 ottobre prese fuoco al largo dell’Isola dei Conigli. La decisione di ospitarli in un centro sportivo, desta indignazione e scandalo tra associazioni e società civile.
La lista delle nazionalità presenti presto si amplia: Ghana, Gambia, Nigeria, Mali e Togo, alcuni del Senegal, provenienti dai centri di Agrigento e Siracusa. L’ultimo gruppo è stato trasferito al centro direttamente dallo sbarco, in condizioni di salute estremamente precarie. Tutti quelli provenienti dal centro di Pozzallo, inoltre, affermano di aver subito pestaggi. Dopo questi ultimi, il numero dei migranti a Messina è arrivato a 182, a cui bisogna sottrarre trentatre ragazzi somali di recente trasferiti nello Sprar a Guidonia. Restano centocinquantadue persone che dormono pigiate nel centro sportivo. Un’infinita distesa di brande e plaid colorati, con problemi di convivenza e soli tre bagni. Parziale o inesistente l’assistenza legale. Per oltre un mese i membri degli enti di tutela non hanno ottenuto l’autorizzazione per entrare nel centro, che a sua volta rappresenta un non-luogo giuridico, essendo stato istituito senza decreto ministeriale e non rientrando in nessuna delle classificazioni predisposte dal Ministero. Questo perché, inizialmente, la permanenza dei rifugiati doveva essere temporanea: “non più di tre giorni”.
Il 30 ottobre, invece, la Prefettura ha indetto un bando per l’individuazione dell’ente gestore del centro, vinto da una associazione temporanea di imprese con capofila la società Senis Hospes, co-partecipi La Cascina Global Service e il consorzio Sol.Co. Tutte queste società sono le stesse coinvolte nella gestione del Cara di Mineo. A svolgere il ruolo di ente gestore, finora, era stata la Croce Rossa. L’appalto scadrà il 31 dicembre, salvo proroghe.
Sabato 16 Novembre sono arrivati al centro i camion che trasportavano le tende, provocando la protesta delle associazioni cittadine alle quali si sono aggiunti gli stessi migranti – che possono uscire dal centro dalle otto del mattino alle otto di sera. Domenica 17 Novembre sono state montate dieci tende nella sola mattinata e i vigili del fuoco hanno continuato i lavori in notturno con l’accensione dei riflettori del campo. Dal 16 Novembre, Messina ha vissuto quattro giorni di mobilitazione. Due di fronte il centro stesso, gli altri sotto forma di presidio sotto il Palazzo della Prefettura, mentre il Sindaco Accorinti e la Giunta cercavano soluzioni, arrivando al punto di requisire un villaggio turistico su cui incombe un’ordinanza di demolizione da parte della Procura della Repubblica. Essendo il vizio riscontrato da ricondurre all’abusivismo e non ad un’eventuale inagibilità, l’amministrazione ha pensato fosse opportuno requisire lo stabile per offrire a Prefettura e Ministero un opzione dignitosa. Intanto, però, le ultime tende sono state alzate nel campo da baseball: in tutto sono trentadue con la capacità di contenere otto persone per un totale di 256 posti, più una grande tenda “sociale” che svolgerebbe anche la funzione di mensa.

Eleonora Corace