Dopo la segregazione: altri respingimenti collettivi verso l’Egitto

Sì, si può parlare proprio di segregazione, perché agli ultimi egiziani bloccati ieri a bordo di un peschereccio, o intercettati mentre su un gommone, condotto da uno scafista, stavano sbarcando nei pressi di Mazara del Vallo, è toccata la reclusione in un campo di calcio, dove era stata allestita una tendopoli-carcere. Quindi dopo ventiquattro ore dall’ingresso nel territorio nazionale, salvo un gruppo di minori condotti in centri di accoglienza, sono stati deportati in Egitto con un volo partito da Palermo alle 5 del mattino del 3 maggio, dopo un riconoscimento sommario da parte di qualche esponente del consolato egiziano, senza alcuna possibilità di essere contattati dalle organizzazioni (OIM, ACNUR) che fanno parte del progetto Praesidum finanziato dal ministero dell’interno proprio per intervenire in questi casi.

Si dovevano esibire le attuali capacità muscolari della macchina espulsiva italiana, centrata sulle unità della guardia di finanza e della guardia costiera con base a Messina, in piena continuità con le politiche di riammissione ideate e gestite da Berlusconi con il suo sodale Moubarak, con la regia di Maroni ministro dell’interno. Un pessimo segno di continuità dopo che l’ACNUR in un documento del settembre del 2011 aveva denunciato l’impossibilità di comunicare con le persone internate nel Centro di prima accoglienza e soccorso di Pozzallo, una struttura che lo scorso anno ha funzionato peggio di un centro di detenzione, luogo di transito sottratto alle convalide dei giudici, prima di rimpatri collettivi che sono stati effettuati al di fuori delle prescrizioni di legge e delle direttive comunitarie. Come la Direttiva 2008/115/CE sui rimpatri, elusa ancora una volta, dopo l’aggiramento legislativo praticato dalla legge 129 del 2011, a livello di prassi amministrative stabilite dalla Direzione centrale per l’immigrazione presso il Ministero dell’interno ed applicate dalla guardia di finanza , dalla polizia di stato e dal corpo delle capitanerie di porto. Con il concorso esterno di qualche associazione di fiducia, il cui rappresentante, in un intervista radio, ha supportato oggi gli abusi commessi dalle forze dell’ordine.

Si è appreso infatti proprio dalla radio, dal TG Regione Sicilia delle 7,20 di giovedì 3 maggio, che diverse decine di egiziani, sorpresi il giorno precedente, a bordo di un peschereccio e di un gommone, nelle acque antistanti Mazara del Vallo, erano stati riportati in Egitto con una operazione di polizia che avrebbe avuto modo di svolgersi così rapidamente, tanto da precludere persino l’intervento dell’OIM e dell’ACNUR, oltre che degli avvocati e dei giudici necessari per la convalida dei provvedimenti, perché, secondo quanto riferito dai giornalisti, sulla base di comunicati provenienti evidentemente dal ministero dell’interno, si sarebbe trattato, per tutti, di persone già entrate irregolarmente in Italia, e dunque che avevano subito il riscontro delle impronte digitali ed una identificazione prima di essere espulse. Una giustificazione che sa di menzogna, perché appare ben strano che TUTTI coloro che sono stati ritenuti di maggiore età ( in base ad accertamenti fortemente opinabili), fermati sul peschereccio egiziano che li aveva condotti davanti alla costa di Mazara del Vallo, oppure sul gommone che li stava trasbordando a terra, oltre a non chiedere, neppure uno, asilo o protezione umanitaria, fossero persone già identificate ed espulse dall’Italia. Come se in Egitto si fossero dati tutti appuntamento per ritentare il viaggio verso l’Italia, e come se su quel peschereccio si fosse saliti soltanto mostrando il precedente provvedimento di espulsione dall’Italia.

Una versione dei fatti che può abbindolare soltanto gli assonnati ascoltatori di un giornale radio del primo mattino, ma che non regge alla prova di fatti, come una serie di episodi precedenti dimostra ampiamente, l’ultimo, un respingimento con analoghe modalità e tempi, verificatosi dopo un altro sbarco di egiziani pochi giorni fa, nei pressi di Licata, poco distante da Agrigento. Anche in quella occasione i migranti erano stati respinti senza rispettare le formalità e le garanzie di difesa previste dalle Convenzioni internazionali e dalla normativa interna, ribadite in diverse occasioni dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che nel 2011 ha condannato l’Italia sul caso El Dridi per il mancato rispetto della direttiva comunitaria 2008/115/CE sui rimpatri, e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che il 23 febbraio del 2012 ha condannato l’Italia per i respingimenti collettivi in Libia, per la violazione dell’art. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradati) dell’art.13 ( diritto di difesa) e dell’art. 4 del Protocollo IV allegato alla CEDU ( divieto di respingimenti ed espulsioni collettivi).

Adesso, dopo queste condanne, le pratiche di respingimento collettivo verso l’Egitto proseguono, ammantate dalla esaltazione delle operazioni di contrasto dell’immigrazione clandestina, e si registra già, a margine di quest’ultimo episodio, l’arresto di ben quattordici “scafisti egiziani”. Vedremo alla prova dei fatti quanto saranno veramente ritenuti tali alla prova del giudizio in tribunale, e quanti altri invece saranno espulsi perché ritenuti estranei al reato di agevolazione dell’ingresso di clandestini, rigidamente fissato dall’art. 12 del testo Unico sull’immigrazione. Una fattispecie penale che non può essere dilatata a discrezione delle autorità di polizia, come si è cercato di fare nel caso dei pescatori tunisini arrestati nel 2007 dopo un’azione di salvataggio e poi assolti. Un caso assai diverso dagli ultimi blocchi in mare, che hanno riguardato pescherecci egiziani dediti al trasporto di immigrati irregolari, ma nel quale si era pure tentato di fare passare per scafisti semplici componenti dell’equipaggio.

Per fugare i residui dubbi che potrebbero venire in quella sparuta parte dell’opinione pubblica che ancora ricorda le severe condanne subite dall’Italia a livello internazionale, ecco poi, da parte degli estensori dei comunicati di polizia, il ricorso a menzogne sistematiche come l’affermazione in base alla quale nessuna delle persone fermate avrebbe richiesto asilo, o addirittura che tutti, si dice tutti, sarebbero stati espulsi con procedure lampo perché già schedati in precedenza dalle autorità di polizia italiane. Tralasciando il piccolo dettaglio che per eseguire un rimpatrio forzato non basta l’identificazione da parte delle autorità italiane, ma occorre una identificazione individuale, e non solo l’assegnazione della nazionalità, da parte delle autorità del paese di provenienza. E queste pratiche arbitrarie di polizia ormai si ripetono sistematicamente, al punto da ingenerare nell’opinione pubblica il senso comune di una rassicurante normalità, anche se di mezzo ci va il destino di tante persone private di diritti fondamentali, come il diritto di accedere in un territorio per chiedere asilo, o il diritto ad una difesa effettiva ed alla convalida giurisdizionale dei provvedimenti di allontanamento forzato adottati dalla polizia.

Dal 2007, proprio mentre il regime di Moubarak assestava colpi micidiali all’opposizione democratica, centinaia di cittadini egiziani irregolarmente giunti a Lampedusa, o sulle coste della Sicilia sud-orientale, o salvati da mezzi della nostra marina militare e poi condotti a terra, sono stati rimpatriati in Egitto, dopo essere stati trasferiti all’aeroporto di Catania, definito come “scalo tecnico”. Altri rimpatri sommari, che hanno assunto il carattere di veri e propri respingimenti collettivi ai danni di migranti egiziani appena sbarcati, sono stati effettuati dalla Puglia e dalla Calabria. Per anni si è lodato, anche da parte di esponenti del centrosinistra, il “salto di qualità” nella collaborazione tra Italia ed Egitto, dopo la chiusura nel 2004 della “rotta di Suez”, grazie all’intervento diretto in quel paese di unità della guardia di finanza, in operazioni congiunte con le forze militari egiziane che fino al 2009 hanno prodotto come risultato l’arresto e la riconsegna (rendition) alle peggiori polizie di tutto il mondo di migliaia di migranti in fuga dalle guerre e dalle persecuzioni etniche o religiose. Le operazioni di rimpatrio tra Italia ed Egitto, con voli diretti da Catania e adesso anche da Roma e da Palermo verso il Cairo sono state rese possibili, dopo l’intesa sottoscritta nel 2001,una intesa basata sullo scambio tra repressione dell’immigrazione irregolare e quote di ingressi legali nei decreti flussi annuali, un accordo che in quel periodo ha funzionato solo sul versante dei rimpatri forzati. Anche in questo caso la politica estera italiana non ha avuto soluzione di continuità con l’avvicendarsi dei diversi governi e ancora oggi i rimpatri sommari verso l’Egitto sono resi praticabili grazie all’Accordo di collaborazione firmato nel gennaio del 2007 dal governo italiano guidato da Prodi, in persona del sottosegretario agli esteri pro-tempore Ugo Intini. Un accordo che, in cambio di qualche migliaio di posti riservati ai lavoratori egiziani nelle quote annuali previste dai decreti flussi, consentiva alle autorità consolari egiziane forme di attribuzione della nazionalità, se non della identità personale e dell’età, assai celeri, grazie anche alla collaborazione di funzionari e interpreti egiziani presenti in Italia[2]. E non si sono rispettate neppure le procedure imposte dal Regolamento Comunitario n. 562 del 2006 sulle frontiere Schengen che impone formalità precise e riconosce l’esercizio effettivo dei diritti di difesa anche ai migranti irregolari. Di molte di queste operazioni di rimpatrio collettivo non è rimasta alcuna traccia, se non un numero buono per fare statistiche. Come persone, i migranti arrivati alle frontiere italiane dall’Egitto non sono quasi mai esistiti, confinati al massimo nelle pagine interne delle cronache locali. I respingimenti verso l’Egitto sono proseguiti ancora per tutto il 2011, malgrado la situazione in quel paese fosse caratterizzata da gravi disordini e da una risalente questione religiosa, che vedeva (e vede) esposti a particolari rischi i componenti della minoranza cristiana ( copta), e tra i migranti che arrivano dall’Egitto sempre più spesso si trovano cristiani in fuga da un paese che non li protegge e che non sembra garantite loro un futuro. I rimpatri verso Il Cairo, con la collaborazione assidua delle autorità consolari presenti in Italia, sono diventati così un evento che si è ripetuto a cadenza periodica, sempre su numeri relativamente bassi, in modo da non dare troppo nell’occhio, al punto che i mezzi di informazione nazionali non ne hanno dato più notizia e le rare informazioni vanno ricercate nella stampa locale o nei comunicati rinvenibili nel sito del ministero dell’interno. Una serie di bollettini “di guerra all’immigrazione illegale“ emessi del ministero, hanno fornito, nella primavera del 2011, uno squarcio interessante sull’attività di contrasto dell’immigrazione, che si definisce“clandestina“, ma che risulta composta in misura consistente da minori non accompagnati e da potenziali richiedenti asilo. Il 21 aprile 2011 venivano rimpatriati 18 cittadini egiziani ,con un volo decollato dall’aeroporto di Bari-Palese. Gli immigrati facevano parte di un gruppo, composto da 19 maggiorenni e 26 minorenni, sbarcati il 18 aprile sul litorale di S. Margherita di Savoia, in provincia di Barletta. Secondo il comunicato del ministero dell’interno,” rintracciati dalle forze di polizia territoriali, tutti gli stranieri avevano omesso di dichiarare la loro nazionalità per non essere rimpatriati. Tuttavia, su impulso della Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere, la questura di Foggia è riuscita ad accertare la loro reale nazionalità. I 26 minori sono stati affidati alle strutture indicate dall’autorità giudiziaria; un giovane maggiorenne, invece, è ricoverato in ospedale”. Per il ministero “ il rimpatrio dei 18 egiziani, avvenuto nell’immediatezza del loro sbarco, conferma l’eccellente livello dei rapporti di cooperazione che intercorrono con la rappresentanza diplomatica egiziana in Italia. Dall’inizio dell’anno, infatti, nelle ore immediatamente successive al loro arrivo sulle coste italiane, sono stati rimpatriati 183 egiziani”. Peccato che la legge italiana preveda la possibilità di chiedere asilo in frontiera, apprestando anche uffici idonei, e precisi obblighi informativi. Ricorrerebbe anche il divieto assoluto di mettere i potenziali richiedenti asilo di fronte alle autorità consolari dei paesi di provenienza, circostanza nella quale, come è facilmente comprensibile, nessuno si sognerebbe mai di richiedere la protezione internazionale, con il rischio di essere identificato dalla polizia del proprio paese e subire, o far subire ai congiunti rimasti nel paese di origine, gravi ritorsioni. Il 22 aprile 2011, 19 cittadini egiziani rimpatriati con un volo charter da Catania. Il 20 aprile erano sbarcati complessivamente in 26, privi di documenti identificativi, nei pressi dell’oasi naturalistica di Vendicari, in provincia di Siracusa. Uno di loro, riconosciuto minorenne veniva affidato a una struttura di accoglienza. Come al solito, sono stati individuati tra loro due scafisti che sono stati arrestati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Altri quattro egiziani sono rimasti a disposizione della competente autorità giudiziaria, in qualità di testi.In questi casi si sono poi verificati, quando si è giunti all’esame dei fatti in sede processuale, diverse sorprese, che però non hanno fatto la stessa rilevanza degli arresti, con la liberazione di molti indagati per non avere commesso i fatti loro imputati, trattandosi di comuni migranti che avevano soltanto aiutato nella conduzione dell’imbarcazione o che si erano ritrovati a sedere vicino al timone. Il 23 aprile 2011, sono stati rimpatriati altri 20 cittadini egiziani da Trieste. con un volo charter decollato dall’aeroporto di Ronchi dei Legionari (TS) e diretto a Il Cairo, 20 cittadini egiziani. Secondo il Ministero dell’interno,”facevano parte di un gruppo composto da 26 maggiorenni e 9 minorenni che è stato rintracciato il 21 aprile in località Grado, in provincia di Gorizia. I 9 minori sono stati affidati a una struttura indicata dall’autorità giudiziaria, altri 6 stranieri sono rimasti in Italia su disposizione della competente autorità giudiziaria“. Il 26 aprile 2011 con un volo charter decollato dall’aeroporto di Bari, sono stati rimpatriati altri 54 cittadini egiziani facenti parte di un gruppo di 94 clandestini (72 maggiorenni e 22 minorenni) che, per giungere clandestinamente sulle coste siciliane, si erano imbarcati su di un peschereccio partito dall’Egitto [1] Quanto queste procedure di rimpatrio risultassero sommarie e a carattere collettivo lo ammetteva lo stesso ministro dell’interno Maroni in una audizione alla Camera del 7 aprile 2011, nella quale affermava testualmente“ sul fronte, poi, dei Paesi di origine abbiamo sviluppato una serie di iniziative per bloccare i flussi e per effettuare i rimpatri. Abbiamo rafforzato le intese già valide con l’Egitto. Sono pochi i cittadini egiziani arrivati, ma con l’Egitto l’accordo bilaterale funziona benissimo: i cittadini egiziani arrivano, vengono immediatamente riconosciuti dalle autorità consolari e il giorno dopo vengono rimpatriati”. In un solo giorno dunque le autorità consolari Egiziane, attraverso un esame sommario da parte degli interpreti, provvedevano ( e provvedono ancora oggi) a fornire i documenti di viaggio dei migranti da respingere senza procedere ad una identificazione individuale, che avrebbe richiesto tempi più lunghi.

[3] . Secondo quanto comunicato dal ministero dell‘interno “ gli stranieri erano convinti di poter evitare il rimpatrio, sia per la concomitante festività pasquale, che a loro giudizio avrebbe causato una riduzione dei controlli costieri, sia perché, in caso di necessità, avrebbero potuto affermare di essere cittadini della Libia e, quindi, fuggiti dalla guerra in corso. Tuttavia, proseguiva il comunicato del ministero, a seguito delle consuete verifiche effettuate, si è appurata la loro reale nazionalità egiziana. I 22 minori sono stati affidati ad idonee strutture, mentre 15 clandestini sono stati arrestati per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, in quanto membri dell’equipaggio del peschereccio. Gli stessi sono stati messi a disposizione della Procura della Repubblica di Siracusa, unitamente ad altri 3 testimoni. Nella notte di Pasqua del 2011, inoltre, altri 40 cittadini egiziani, sbarcati nei giorni scorsi sul litorale di Siracusa e sull’isola di Lampedusa, sono stati rimpatriati con un volo charter decollato dall’aeroporto di Bari e diretto a il Cairo. Dall’inizio del 2011, sono stati 363 gli egiziani espulsi e accompagnati coattivamente in Egitto subito dopo il loro sbarco sulle coste italiane, grazie alla stretta sinergia operativa tra la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere e della Rappresentanza Diplomatica egiziana in Italia, che ha reso più incisiva l’attività volta al contrasto delle organizzazioni criminali dedite a favorire l’immigrazione clandestina”. I comunicati emessi dal ministero dell’interno sui rimpatri in Egitto, seppure con lo stile dei mattinali di polizia, confermano la sommarietà delle procedure adottate, e la rapidità della “selezione” che affidata alle forze di polizia ha permesso in poche ore di stabilire l’età dei migranti, il loro stato giuridico, la possibilità di un respingimento. Non risulta che qualcuno prima di essere rimpatriato, abbia potuto presentare una richiesta di asilo o di protezione.