Incendio nell’accampamento di Pian del Lago: l’invisibilità continua

Le pessime condizioni di vita dei migranti presenti nell’accampamento informale di Pian del Lago (CL) sono state ulteriormente messe a dura prova dall’incendio divampato alle 18 del 12 febbraio. Fortunatamente non ha causato né vittime né feriti. Sono intervenuti sia i pompieri che la polizia: hanno spento il fuoco, fatto qualche domanda e nulla di più, lasciando questa realtà di degrado sotto il ponte della SS 640 ancora in attesa di una qualche alternativa più degna.

L’accampamento di Pian del Lago (CL) dopo l’incendio

Di una delle “baracche” presenti resta solo uno scheletro di pali, e l’odore di bruciato. I ragazzi che ci dormivano in questi giorni hanno perso tutto, anche i vestiti; si sono dovuti spostare a dormire in un casolare abbandonato lì vicino. Non è chiaro cosa abbia causato l’incendio, ci raccontano due ragazzi presenti, seduti accanto ai resti. Escludono di aver lasciato fuochi accesi, nessuno ha visto chi o cosa sia stato ad appiccare il fuoco.

Nel campo, formato da un’altra baracca e varie tende, sono presenti al momento una quindicina di uomini: alcuni fissi, come un signore senza documenti e con un’evidente vulnerabilità psichica ormai bloccato da tempo in un limbo di fragilità e abbandono, o come chi è in attesa di un posto nel Cara o in qualche altro centro di accoglienza nella provincia di Caltanissetta. Molti sono solo di passaggio, arrivano da varie parti dell’Italia per poter rinnovare i documenti. Tutte queste persone, non avendo altri posti dove andare dormire, restano in questa situazione di attesa per mesi, visto che non vi sono nella città centri di accoglienza notturni dove poter passare la notte. Dormono in tenda, nelle baracche e nelle case abbandonate lì vicino, stanno tutto il giorno fuori al freddo, nonostante la pioggia, tra pozze e fango.

I tempi per i rinnovi non sono brevi, e questa lentezza nella gestione amministrativa sicuramente non aiuta nessuno, ancor meno chi rinnova un permesso di soggiorno per motivi umanitari – due anni di permesso – o chi richiede un permesso di soggiorno come richiedente asilo, di soli sei mesi. Queste persone si ritroveranno a ritirare un permesso di soggiorno quasi in scadenza.

Uno dei ragazzi ci racconta di essere sceso da Milano e di essere andato in questura per prenotare l’appuntamento per il rinnovo – due mesi prima della scadenza del permesso- e il primo appuntamento disponibile che gli è stato dato è a novembre 2018: nove mesi di attesa, ai quali se ne aggiungeranno altri tre per poter ritirare il permesso. Un anno perso in un’apatica sospensione, in possesso solo di un semplice foglio di carta con la data dell’appuntamento. In questo modo si ritrovano a dover interrompere ogni progetto di vita, non potendo continuare a lavorare, a studiare o a iscriversi al servizio sanitario nazionale.

L’unica porta che gli resta sempre aperta per riuscire a sopravvivere in questi mesi è quella del lavoro nero nelle campagne e dello sfruttamento.

 

Viola Gastaldi
Sara Scudero

Borderline Sicilia Onlus