Prassi discriminatorie nelle procedure di ricollocamento ad hoc

Negli ultimi due anni, Borderline Sicilia in collaborazione con Borderline-Europe, Equal Rights, Refugee Council Germany e Sea-Watch, ha analizzato le procedure di ricollocamento nate nell’estate del 2018, quando l’ex ministro dell’interno Matteo Salvini dichiarava chiusi i porti italiani alle navi che effettuavano salvataggi nel Mediterraneo.

Tali procedure sono state confermate dal governo successivo con i cosiddetti accordi di Malta, sottoscritti da Malta, Italia, Francia e Germania.

L’accordo prevedeva il veloce e tempestivo trasferimento di richiedenti asilo dal paese di primo arrivo – Italia e Malta – verso altri stati membri che davano la disponibilità a ricollocare una quota delle persone salvate nel Mediterraneo. Nel rapporto è stato ricostruito meticolosamente il tragitto di queste persone dal loro arrivo in Italia o a Malta, fino al loro ricollocamento in Germania e in altri paesi europei. Tramite le testimonianze dirette delle persone soggette alle procedure di ricollocamento, abbiamo potuto mostrare come queste ultime siano state applicate in maniera arbitraria e poco trasparente dall’Agenzia europea EASO e dalle delegazioni dei paesi che avevano accettato di ricollocare alcuni dei richiedenti asilo identificati negli hotspot italiani e maltesi.

Il rapporto, innanzitutto, mette in luce le condizioni aberranti e disumane presenti negli hotspot maltesi e italiani, e la mancanza assoluta di servizi di base nei centri di accoglienza predisposti dalle autorità italiane per ospitare i richiedenti asilo durante le procedura di ricollocamento. A Malta la condizione dei richiedenti protezione è aggravata dallo stato perenne di detenzione all’interno degli hotspot, anch’essi carenti dei servizi fondamentali.

All’interno del rapporto viene denunciato come la procedura di ricollocamento manchi di trasparenza e risulti del tutto arbitraria e soggetta a discrezionalità. I richiedenti asilo vengono interrogati tre volte: prima da Frontex, poi da EASO e infine dalla delegazione del paese che ha accettato di ricollocarli. Dalle testimonianze raccolte, si è potuto evidenziare che ai richiedenti asilo vengono poste per tre volte le stesse domande, senza poter comprendere il perché di tale ripetizione e mancando qualunque tipo di spiegazione da parte degli operatori EASO.

Inoltre, si tratta di domande che – come abbiamo appreso dalle testimonianze – pongono dubbi sulla buona fede dei ricollocamenti, mostrando chiari segni di discriminazione etnico-religiosa. A molte persone di fede musulmana è stato chiesto se una volta ricollocate, imporrebbero l’hijab alla propria partner, o se denuncerebbero un loro parente o amico qualora si dimostrasse in procinto di commettere un attentato terroristico. Domande che non hanno niente a che vedere con il motivo per cui venivano poste. Dopo le varie interviste, ai richiedenti asilo non veniva fornito nessun documento contenente la trascrizione del contenuto delle interviste. In molti hanno subito un diniego in una delle tre fasi della procedura senza ricevere una motivazione ed un’informativa sulla prosecuzione del percorso.

Con il lavoro di ricerca si è potuto appurare che i tempi di definizione delle procedure sono molto lunghi. Nonostante gli accordi di Malta specifichino che il tempo limite per il ricollocamento sia di quattro settimane, abbiamo raccolto testimonianze di persone rimaste in Italia anche fino a un anno e mezzo prima del ricollocamento finale.

Una volta ricollocata in Germania, la maggior parte dei richiedenti protezione deve affrontare una procedura di asilo accelerata, senza accesso all’informativa legale e a rimedi giurisdizionali, per essere alla fine, minacciata di espulsione. Circa il 90% delle persone ricollocate in Germania ha ricevuto un giudizio negativo rispetto la possibilità di ottenere un protezione internazionale e molti hanno già ricevuto un decreto di espulsione.

Ci sentiamo intrappolati e ingannati e abbiamo la sensazione di essere stati portati in Germania solo per essere rimpatriati in luoghi non sicuri. Non siamo oggetti, ma esseri umani che dovrebbero essere trattati come esseri umani e non come oggetti di un sistema diseguale in cui alcuni valgono più di altri”, dice Musa Khalifa dalla Nigeria, che è stato trasferito in Germania ed è adesso minacciato di espulsione.

Ciò che desta preoccupazione è che il meccanismo di ricollocamento ad hoc viene utilizzato come modello per il nuovo patto sulla migrazione del 2020, sancendo un meccanismo definito di solidarietà, che prevede il ricollocamento dei richiedenti asilo o una forma di assistenza al rimpatrio. Esiste pertanto la possibilità concreta che i rimpatri vengano delegati a paesi membri aventi accordi di rimpatrio con determinati paesi extra europei, evitando così un vaglio della storia della persona. Attualmente il contenuto del patto è ancora una proposta e – per le criticità rilevate grazie a questo rapporto – può e deve essere modificato.

In sintesi, la ricerca condotta ha messo in luce le seguenti criticità:

  • I richiedenti protezione non hanno accesso adeguato all’assistenza legale o alle informazioni sulla procedura mentre sono detenuti negli hotspot per mesi o anni;
  • La procedura di ricollocamento pregiudica il benessere dei richiedenti protezione e il meccanismo di selezione mostra chiare pratiche discriminatorie;
  • La procedura richiede troppo tempo prima che i richiedenti protezione vengano ricollocati;
  • Non tutti i richiedenti protezione sono stati effettivamente ricollocati: una parte è rimasta bloccata in Italia e Malta;
  • La maggior parte di coloro che sono stati ricollocati in Germania ha ricevuto un rigetto della domanda a seguito di una procedura accelerata ed ora è minacciata di espulsione.

Pertanto chiediamo:

Piena trasparenza dell’intera procedura di ricollocamento e asilo per le persone soggette a queste misure.

Nessuna discriminazione nei confronti delle persone che cercano protezione in Europa.

Nessuna detenzione negli stati di confine.

Passaggio sicuro da e verso l’Unione Europea.

Tutela e garanzia di accesso al diritto alla protezione.

 

Il rapporto completo con il materiale video e gli approfondimenti è disponibile al sito web: https://eu-relocation-watch.info/

Il progetto è stato finanziato da Stiftungsfonds zivile Seenotrettung

 

Giuseppe Platania

Borderline Sicilia